venerdì 1 maggio 2015

Guida illustrata "riconoscimento delle tracce" (Vita in campagna): airone cenerino

Categoria: riconoscimento delle tracce

L'airone cenerino



L’airone cenerino è il più comune e diffuso airone europeo. La sua presenza nel nostro Paese è aumentata, negli ultimi anni, soprattutto in prossimità delle zone coltivate a riso.

L'ambiente di vita

Le zone di acqua stagnante vicino ai fiumi (originatesi dallo spostamento degli stessi), le risaie e le marcite allagate dall'uomo per scopi agricoli, le cave, attive o abbandonate, rappresentano zone di interesse particolare e siti privilegiati per migliaia di uccelli che in questi luoghi vivono, svernano o nidificano. La presenza di specchi d'acqua grandi favorisce l'instaurarsi di condizioni climatiche particolari con il conseguente sviluppo di una ricca vegetazione in tutti i periodi dell'anno; proprio tra queste erbe e tra queste piante acquatiche una fauna particolarmente diversificata trova rifugio e cibo in abbondanza.
Le condizioni climatiche adatte, la ricca vegetazione presente e il cibo sempre disponibile costituiscono un richiamo allettante per l'airone cenerino e per molte specie di uccelli che in questi luoghi trovano degli ambienti rispondenti alle loro particolari esigenze.

La distribuzione

II cenerino è l'airone più diffuso in Italia; la sua massima concentrazione si ha nel nord, soprattutto in quella zona della pianura padana delimitata dalle province di Vercelli, Novara, Pavia e Milano, dove la preparazione, la semina e la raccolta del riso regolano ancora i ritmi della campagna e degli uomini.


Scheda

Nome scientìfico: Ardea cinerea.
Famiglia: Ardeidi.
Ordine: Ciconiformi.
Altezza totale: 1 metro scarso.
Massima apertura alare: 1,5 metri.
Peso medio: 1,5 kg.
Colore delle penne (i sessi sono simili): grigiastro con testa e collo striati di nero. Le penne timoniere (della coda) sono grigie con l'estremità scura, quasi nera; le primarie e la maggior parte delle secondarie (le penne delle ali) sono nere con qualche iridescenza bluastra per le secondarie interne.
Segni particolari: due lunghe penne nere filiformi poste ai lati della testa che stanno erette in condizioni di eccitazione.
Zampe: lunghe e nerastre.
Becco: particolarmente lungo e appuntito, a forma di pugnale.
Caratteristiche del volo: lento, con le ali tenute ad arco e il collo ripiegato ad «S».

Alimentazione: soprattutto pesci, girini, rane e piccoli mammiferi che insieme a larve di insetti e bisce d'acqua completano la dieta e fanno dell'airone cenerino un vero campione tra i predatori di riva.




Periodo di nidificazione: marzo-aprile. Numero medio di uova: 4-5.
Le uova sono di colore chiaro con tonalità azzurro-verdognole, di dimensione 60x42 mm.
Periodo di cova: 25-28 giorni. Maschio e femmina si alternano al nido durante tutto il periodo. I piccoli alla nascita sono inetti e dipendenti completamente dai genitori; dopo circa 2 mesi dalla schiusa i piccoli cominciano a compiere i primi voli.
Età media raggiunta: 4-5 anni.

Le tracce


Impronte (1). Il segno più evidente della presenza dell'airone cenerino in una determinata zona è costituito dal ritrovamento delle impronte delle zampe lasciate sui bordi fangosi o sul fondo delle pozze d'acqua stagnante. L'impronta è decisamente di grandi dimensioni (fino a circa 15-17 cm di lunghezza e 10-13 cm di larghezza) e caratterizzata dalla presenza di quattro lunghe dita.
Nel caso dell'airone cenerino tutte e quattro le dita sono ben sviluppate e dotate di potenti unghie ben riconoscibili all'analisi dell'impronta; il dito più interno, il nostro pollice, è particolarmente sviluppato in modo da permettere una presa sicura sui rami più alti degli alberi dove è solito posarsi e fare il nido. Il dito mediano è il più lungo dei tre rivolti in avanti e arriva a misurare anche 8-9 cm di lunghezza, il «pollice» è di poco più corto e leggermente fuori asse rispetto al prolungamento all'indietro del dito più lungo.
Piste (2). Le piste dell'airone sono costituite da una serie quasi rettilinea di impronte distanziate tra loro circa 30-40 cm in cui le dita sono rivolte verso il centro della pista.
Escrementi (3). La presenza dell'airone cenerino può essere tradita anche dal ritrovamento sui rami, sui cespugli e sul terreno di grandi quantità dei suoi escrementi; questi sono viscosi e di colore biancastro; in alcuni casi, quando sono particolarmente abbondanti, possono determinare la morte dei vegetali sui quali cadono.
Borre (4). Le feci dell'airone non contengono mai i resti dei pranzi poiché tutto il materiale non digerito viene rigurgitato sotto forma di borre, ammassi di cibo indigerito lunghi circa 4 cm e larghi 2 cm.

Nido (5). Un altro indice della presenza dell'airone cenerino in una zona è la conseguenza diretta di un aspetto decisamente singolare che riguarda la biologia di questi animali: la nidificazione in colonie. Questi uccelli infatti nidificano insieme a diverse altre specie di aironi su alberi su cui fanno il nido anche alcune centinaia di coppie; questi concentramenti di nidi vengono chiamati garzate e sono, durante il periodo della riproduzione, facilmente individuabili sia per il frastuono generale che per il continuo movimento di uccelli in volo.

domenica 26 aprile 2015

Il ruolo delle malattie infettive nella storia dell'uomo e i possibili effetti di un "nuovo" virus dell'influenza

Categoria: medicina, malattie infettive, pandemia, scenari apocalittici, survival


Quando gli aborigeni americani vennero in contatto con gli europei subirono impotenti l’attacco delle malattie importate dal Vecchio Mondo, perché erano sprovvisti di anticorpi nei loro confronti.
L'arrivo degli europei provocò uno squasso immunitario, quello che è definito lo «shock biologico della conquista»; migliaia e migliaia di indigeni furono vittime di una strage provocata dallo sconvolgimento della loro immunità naturale da parte di malattie a loro sconosciute, quali il morbillo, l'influenza, la tubercolosi, il vaiolo.
Il vaiolo, esploso nelle Antille nel 1518, risparmiò soltanto poche centinaia di indigeni isolani. Poi raggiunse il Messico e il Guatemala, proseguendo successivamente verso sud e raggiungendo il Perù nel 1525. Qui destabilizzò l'impero degli Incas, dopo aver destabilizzato in Messico l'impero degli Aztechi; come aveva favorito al nord l'impresa conquistatrice di Hemàn Cortes, così favorì al sud l'impresa conquistatrice di Francisco Pizarro.
Il risultato a distanza del ripetersi di queste epidemie fu lo spopolamento del   continente   amerindio.
«L'indiano muore così facilmente», avrebbe scritto un misericordioso missionario, «che basta la vista o l'odore di uno spagnolo per fargli rendere l'anima a Dio».
Allo svuotamento demografico dell'America centro-meridionale avrebbero poi sopperito i coloni travasandovi milioni di schiavi neri, più resistenti e quindi più disposti a sopravvivere, a moltiplicarsi, a fornire manodopera e forza-lavoro. Sarà così che in America si costituirà una seconda Africa.
E noto che le popolazioni amerindie ricambiarono a modo loro i danni biologico-sanitari inferti dai conquistadores. Oggi, all'idea tradizionale di «scoperta a senso unico dell'America» si è sostituito il concetto di «scoperta reciproca»; un interscambio di malattie e salute tra Vecchio e Nuovo Mondo.
Il bilancio biologico di dare e avere tra Europa e America appare, nel Cinquecento e nei secoli successivi, fortemente squilibrato a vantaggio delle popolazioni europee. Queste, esportatrici nel Nuovo Mondo delle malattie ed epidemie anzidette, importarono la malattia sifilitica e la diarrea dei viaggiatori, dovuta a un'associazione di protozoi e batteri entero-tossici e detta, con enfasi, «vendetta di Montezuma».

Lo sbilancio fu ancora più grande. Un recente studio pubblicato sul Journal of Bacterìology e compiuto da Douglas E. Berg, professore di microbiologia molecolare e genetica presso l'Università George Washington di St. Louis, ha dimostrato che gli armigeri di Pizarro, fondatore della Nueva Grenada (Perù) veicolarono oltreoceano anche Helìcobacter pylori, il batterio di cui è oggi portatrice più della metà della popolazione mondiale e che in molti individui si virulenta determinando l'ulcera e finanche il cancro dello stomaco. Si è infatti scoperto che i ceppi batterici rilevati in Perù sono diversi da quelli asiatici (smentendo la loro provenienza dall'Asia, in tempi remoti, attraverso lo stretto di Bering) e che sono invece assai simili a quelli rilevati in Spagna, nei discendenti dei cinquecenteschi conquistadores.


Nella nostra epoca i trasporti sono molto più veloci delle "caravelle" e la possibilità di diffusione di una malattia a trasmissione aerea per la quale non abbiamo anticorpi è elevatissima, legata ai milioni di passeggeri che in poche ore possono attraversare il globo da una parte all'altra a bordo di aerei per turismo o lavoro. Una nuova "peste nera", una nuova edizione dell'influenza "spagnola" possono sbucare all'improvviso e farsi gioco di insufficienti e tardivi tentativi di "quarantena" mietendo vittime fino alla scoperta (e la produzione di milioni di dosi) di un vaccino e di medicine antivirali e antibiotiche.