sabato 17 ottobre 2015
Il coltello di JFK (quando comandava la motosilurante PT-109)
categoria: coltelli, film
Il coltello di JFK (quando comandava la motosilurante PT-109)
“...in 1943, the Japanese destroyer Amaqiri rammed PT-109 amidships, slicing it in half and killing two of the crew. Other PT boat commanders in the area, assuming the crew had been killed in such a collision, left the area. The commander of the boat rallied the other ten survivors, who clung to the debris for five hours until they reached a coral island. After swimming to a larger island, the young lieutenant encountered a native and carved a message into a coconut shell, which led to the rescue. The lieutenant was decorated for his bravery, and both he and the coconut shell ended up in the Oval Office”.
The crew of PT-109 in July, 1943. That's Lt(jg) John F. Kennedy standing on the far right. Left to Right, Top Row, Al Webb (not a crew member but in the photo) Leon E. Drawdy, Edgar E. Mauer, Edmund T. Drewitch, John E. McGuire. Bottom Row, Charles A. Harris, Maurice l. Kowal, Andrew J. Kirkesy, Leonard J. Thom and Kennedy. Andrew Jackson Kirksey and Harold W. Marney (not pictured) perished in the collision.
Coltello dell'Us Navy MK1
Nel film "PT-109: posto di combattimento" l'attore che impersona il futuro Presidenti degli Stati Uniti d'America, Cliff Robertson, porta un coltello diverso, corretto dal punto di vista storico, ma più appariscente del MK1.
Coltello dell'Us Navy e dell'Us Marine Corps tipo MK2
Un catalogo della ditta americana Camillus
giovedì 15 ottobre 2015
Il coltello da sub
categoria: coltelli, mare
Il coltello da sub
Il subacqueo DEVE avere nella
propria attrezzatura subacquea un coltello ben affilato, un “accessorio”
raramente utilizzato, ma insostituibile durante un'emergenza.
In immersione non è indispensabile
avere un coltello di ampie dimensioni, poiché la sua funzione principale è
tagliare e non combattere, inoltre una lunga lama significa maggior ingombro e
difficoltà di maneggio in spazi angusti.
Il sub dovrebbe orientare la sua
scelta verso un coltello robusto, realizzato con un buon acciaio inox, eventualmente
con un doppio tagliente diversificato da liscio a seghettato, per disporre di
un'opzione in più qualora si debba tagliare qualcosa di più consistente e
massiccio; sono utili anche coltelli con incavature specifiche per tagliare
sagole, stringere/allentare dadi o con la punta a cacciavite.
Il panorama delle lame utilizzabili
dal sub include anche cesoie e tronchesine, utensili poco ingombranti, che
possono essere messi anche in posti dove il coltello risulta ingombrante e,
soprattutto, danno la possibilità di recidere, utilizzando una sola mano, cime
di diametro consistente.
Anche i coltelli a serramanico o le lame tagliacintura nate per uso automobilistico possono essere utili perché
facilmente riponibili in una qualsiasi tasca.
Nel caso si scelgano queste ultime
soluzioni, bisognerà prevedere l’uso di una sagola per non perdere legare l'utensile
in caso di apertura accidentale della tasca stessa o al momento dell'estrazione.
Un omaggio ai nostri incursori di marina, i Comsubin. |
Le emergenze subacquee risolvibili
avendo a disposizione un affilato strumento da taglio
Nelle acque marine e lacustri non
è raro imbattersi, nel corso di un'immersione, in reti e lenze ed è facile per
il sub imprudente restare aggrovigliato in essi.
Ambienti subacquei particolari
come relitti o grotte sono ben più difficili e pericolosi dell'acqua libera.
Intorno ai relitti è frequente
trovare reti e lenze abbandonate dai pescatori, incapaci di recuperarle, mentre
il sub che penetra al loro interno, può finire nei guai a causa di cavi
elettrici, cime, gomene e quant'altro fluttui in quelli spazi bui e angusti.
Nelle grotte il pericolo maggiore è rappresentato dal “filo d'Arianna”, la
sagola stesa al momento dell'entrata in grotta e per tutto il tragitto
dell'immersione, che ha lo scopo di guidare il subacqueo sulla via del ritorno.
Relitti e reti abbandonate
L'esplorazione di relitti sommersi
è una delle discipline più amate dai subacquei.
La rete da pesca abbandonata
intorno a un relitto, benché descritta dai sub esperti come un ”killer”
costantemente in agguato, sembra ingannevolmente immobile, innocua quando ci si
imbatte in essa durante l’immersione su di un relitto e più di un sub ha dimenticato i consigli sentiti in superficie e si è avvicinato troppo ad essa,
incuriosito dai suoi lenti movimenti ritmici sincronizzati con le correnti o
per ammirare le mille forme di vita che nascono e crescono su di essa, come variopinti
addobbi natalizi.
La manutenzione del coltello
Il filo della lama va provato
appena comprato il coltello e periodicamente ricontrollato o rifatto, magari
ricorrendo alle prestazioni di un buon arrotino.
Un
coltello può avere poca capacità di taglio perché la manutenzione è stata
scarsa o il filo è stato rovinato perché la lama è stata usata per scopi
diversi, come attrezzo per scavo o da leva.
Qualche piccolo processo di
ossidazione, specialmente in prossimità dell'attaccatura della lama al manico,
non è indice di un acciaio di scarsa qualità. Eventuali piccole tracce di
ruggine sono normali anche per un buon coltello e si possono rimuovere con
carta abrasiva molto fine, avendo l'accortezza di muoverla sempre verso
l'esterno della lama.
Purtroppo la capacità di taglio di
una lama è inversamente proporzionale alla resistenza all’ossidazione e più
essa è ricca di cromo e meno tagliente è il filo.
Il cromo
contenuto nell'acciaio inox forma un film sottilissimo di ossido sulla
superficie, che non permette l'ossidazione della parte sottostante. Se questo
film è rimosso per abrasione, esso si riforma spontaneamente continuando a
proteggere la parte sottostante, per il fenomeno della “passivazione”.
In ogni caso anche il coltello inox, benchè notoriamente resistente all'ossidazione, richiede manutenzione: bisogna lavarlo in acqua dolce dopo ogni immersione,
asciugarlo e ungerlo con grasso siliconico o di vaselina, per limitare il
contatto del metallo con l'acqua e quindi il suo prematuro deterioramento.
Periodicamente (di solito a fine stagione) è opportuno asportare l'eventuale
strato di grasso ed esaminare accuratamente tutte le parti metalliche, anche
quelle nascoste. E’ buona norma controllare anche gli eventuali meccanismi di
ritenzione del manico che possono essere in gomma o in tecnopolimero. Quelli in
gomma possono essere attaccati dal sale e si degradano con il tempo, quelli in
tecnopolimero hanno di solito una piccola molla in acciaio che, pur essendo
inox, richiede una piccola forma di manutenzione.
film "PT-109: posto di combattimento"
categoria: film che trattano il tema della sopravvivenza
“PT-109: posto di combattimento”
Il film narra l’episodio di
sopravvivenza che ha coinvolto l’allora Lieutenant John F. Kennedy (il futuro presidente degli Stati Uniti d'America) nel teatro del Pacifico durante la seconda guerra mondiale.
L’eroico comportamento tenuto dal
giovane John F. Kennedy, dopo l'affondamento per speronamento della sua
motosilurante da parte di un cacciatorpediniere nipponico, permise di salvare i superstiti del suo equipaggio; essere un eroe
di guerra fu importante poi quando decide di intraprendere la carriera
politica.
“...in 1943, the Japanese
destroyer Amaqiri rammed PT-109 amidships, slicing it in half and killing two
of the crew. Other PT boat commanders in the area, assuming the crew had been
killed in such a collision, left the area. The commander of the boat rallied
the other ten survivors, who clung to the debris for five hours until they
reached a coral island. After swimming to a larger island, the young lieutenant
encountered a native and carved a message into a coconut shell, which led to
the rescue. The lieutenant was decorated for his bravery, and both he and the
coconut shell ended up in the Oval Office”.
The crew of PT-109 in July, 1943.
That's Lt(jg) John F. Kennedy standing on the far right. Left to Right, Top
Row, Al Webb (not a crew member but in the photo) Leon E. Drawdy, Edgar E.
Mauer, Edmund T. Drewitch, John E. McGuire. Bottom Row, Charles A. Harris,
Maurice l. Kowal, Andrew J. Kirkesy, Leonard J. Thom and Kennedy. Andrew
Jackson Kirksey and Harold W. Marney (not pictured) perished in the collision.
foto di gruppo durante le riprese del film |
John F. Kennedy prestò servizio in Marina, e dopo il Centro Addestramento
Motosiluranti,
ove fu promosso al grado di Lieutenant junior grade (LTJG), assunse il comando della motosilurante PT-109 il
23/04/1943, allora ormeggiata a Tulagi, un'isola dell'arcipelago delle Salomone.
Dopo la conquista dell'isola di Rendova, le motosiluranti furono spostate in questa nuova base, per disturbare il traffico di navi mercantili giapponesi che rifornivano
la guarnigione nella Nuova Georgia e pattugliare gli stretti di Ferguson e di Blackett.
Il 1º agosto la PT-109 di Kennedy insieme ad altre quattordici motosiluranti, fu inviata in missione verso nord, allo stretto
di Blackett, attraverso il passaggio Ferguson, poiché un rapporto dei servizi
d'informazione segnalava il passaggio di cinque incrociatori nemici.
L'attacco a queste navi non portò
a risultati apprezzabili e mentre la maggior parte delle imbarcazioni fu
richiamate alla base, la PT-109, la PT-162 e la PT-169, ricevettero l'ordine
di continuare a pattugliare la zona in caso di ritorno del nemico.
Verso le 02:00 del 2 agosto 1943,
una notte senza luna, l'equipaggio della PT-109 si accorse di trovarsi sulla rotta del cacciatorpediniere
giapponese Amagiri, che stava rientrando alla propria base dopo aver portato rifornimenti e soldati ad una guarnigione su un'isola vicina, ma non riuscì ad evitare lo speronamento; i rapporti e le interviste a guerra finita non hanno permesso di
capire se il comandante del cacciatorpediniere avesse o meno individuato la
motosilurante e avesse manovrato intenzionalmente per speronarla.
La PT-109 fu tagliata in due
parti e due marinai rimasero uccisi e
altri due membri dell'equipaggio gravemente feriti.
I compartimenti stagni della PT-109 riuscirono a tenere a galla solo la
sua parte prodiera in un mare di fiamme e su di essa si rifugiarono i naufraghi americani.
Le altre imbarcazioni lanciarono i
siluri verso la nave giapponese mancandola e poi si allontanarono dalla scena
dell'azione, supponendo che l’intero equipaggio della PT-109 fosse perito durante
lo speronamento.
Il relitto galleggiava ancora il
mattino dopo e intorno a loro i naufraghi vedevano delle isole, le maggiori delle
quali sapevano però essere occupate dai giapponesi.
Kennedy decide di abbandonare il relitto per evitare la cattura da parte dei giapponesi e raggiungere a nuoto l'isola di Plum Pudding (denominata ora Isola Kennedy), a sud ovest di quella di
Kolombangara; i naufraghi piazzarono lanterne, scarpe e i compagni stremati dal nuoto su
una rudimentale zattera, costruita con le assi di legno usate dall'equipaggio per fissare un
cannone anticarro dell'esercito a prora della motosilurante,
il giorno precedente l’ultima e più famosa missione del PT-109.
La zattera fu spinta a nuoto per
quattro ore dai marinai, coprendo più di cinque chilometri, in acque infestate
di squali e coccodrilli marini, mentre Kennedy, che aveva fatto parte
della squadra di nuoto dell'Università di Harvard, utilizzò la cinghia di un salvagente, tenuta serrata fra i
denti, per trascinare da solo Patrick McMahon, gravemente ustionato.
L'isola su cui erano arrivati era
piccola, aveva infatti un diametro di soli 90 m, ma soprattutto era priva di fonti di
acqua, per cui Kennedy intraprese un’altra nuotata di circa quattro ore per
esplorare le isole Naru e Olasana, alla ricerca di cibo e soccorso; tornato
indietro guidò quindi i suoi uomini verso Olasana, dove aveva trovato acqua
potabile e noci di cocco.
L'incendio del carburante del
PT-109 era stato notato dall'osservatore australiano, il sottotenente Arthur Reginald Evans, che trasmetteva informazioni sul traffico aereo e navale nemico agli alleati, da una postazione nascosta sulla cima di un vulcano sull'isola di Kolombangara, occupata dai
giapponesi; dopo aver intercettato un messaggio dove si parlava della perdita
della motosilurante americana, Evans inviò due isolani della Salomone, Gasa e
Kumana, su una canoa a cercare eventuali superstiti, che dovevano fingersi
pescatori locali, se intercettati dai giapponesi.
Gasa e Kumana trovarono i
naufraghi dopo sei giorni, durante i quali gli americani erano sopravvissuti
cibandosi delle noci di cocco.
Su una noce di cocco, con un coltello, Kennedy scrisse
anche un messaggio di soccorso che i due indigeni portarono fino all’isola di
Rendova:
NAURO ISL
COMMANDER... NATIVE KNOWS
POS'IT...
HE CAN PILOT... 11 ALIVE
NEED SMALL BOAT...
KENNEDY
In seguito una canoa tornò a
prendere Kennedy per portarlo dall’australiano e coordinare il recupero,
effettuato poi dall'equipaggio della PT-157.
Kennedy conservò la noce di cocco
in un involucro di vetro e quando divenne Presidente degli Stati Uniti, questa
faceva bella mostra di sé sulla sua scrivania nello Studio Ovale; oggi la noce
di cocco è in mostra nella Biblioteca John F. Kennedy a Boston.
La ricerca della PT-109
Nel maggio del 2002 una spedizione
della National Geographic, guidata dal professore Robert Ballard ha ritrovato la parte prodiera del PT-109, identificata grazie ai tubi lanciasiluri.
Un figlio di John Kennedy, Max, che ha partecipato alla spedizione con Ballard, ha donato un busto del padre agli isolani che avevano trovato i naufraghi.
La motosilurante PT-109
La PT-109 appartenente alla classe PT 103, fu varata dalla per la Marina statunitense il 20 giugno 1942.
Le Patrol Torpedo boats con le loro 40 tonnellate di stazza, 20 metri di lunghezza e un dislocamento a pieno carico di 56 tonnellate, erano le più grosse motosiluranti da pattugliamento utilizzate dagli americani durante la seconda guerra mondiale.
Queste motosiluranti erano dotate di tre motori a benzina (uno per ogni albero d'elica) di 1500 hp ciascuno, che potevano spingerle fino alla velocità massima di 76 km/h.
Per motivi di distribuzione dello spazio e del peso, il motore centrale era montato con l'albero motore rivolto a prua e trasmissione del moto all'elica attraverso un inversore ad ingranaggi. I motori erano equipaggiati con scarichi silenziati che fuoriuscivano dallo specchio di poppa per dirigere i gas di scarico sott'acqua, riducendo la possibilità di individuazione sonora da parte delle navi nemiche ed aumentando le possibilità da parte dell'equipaggio di avvertire l'avvicinarsi di aerei nemici di notte, che potevano individuare la scia nell’acqua prodotta dalle eliche.
La PT 109 poteva ospitare un equipaggio di tre ufficiali e 14 sottufficiali o marinai. La sua arma offensiva principale era costituita da quattro tubi lanciasiluri dotati di siluri con testata esplosiva di 175 kg.
La PT-109 aveva cannone antiaereo da 20 mm a poppa e due torrette armate di mitragliatrici antiaeree binate da 12.7 mm, piazzate agli angoli opposti della tolda.