categoria: acqua
La potabilizzazione dell'acqua e le "maniche di Ippocrate"
I viaggiatori
"estremi" possono aver bisogno di potabilizzare l'acqua
raccolta dall'ambiente naturale. I rischi possono derivare tanto da
batteri quanto da protozoi, in particolare Giardia lamblia, un
parassita che vive nell'acqua e che si trasmette per via oro-fecale,
responsabile di diarrea e disidratazione. Il parassita si trova
soprattutto nella porzione superficiale delle acque, più facilmente
contaminabili, mentre le acque dei fondali sono spesso più salubri.
Quindi un primo provvedimento da attuare è quello di evitare il
rimescolamento di acque del fondale con quelle di superficie.
Qualunque metodo si utilizzi per la potabilizzazione è necessario far precedere una
filtrazione grossolana attraverso un tessuto fitto (es. manica di
Ippocrate) se l'acqua è torbida per la presenza di materiale
organico o terriccio.
Esistono 3 metodi per rendere igienicamente sicura l'acqua che si beve:
Ebollizione: è il metodo di scelta, avendo alcune accortezze.
Così, ad esempio, in alta montagna dove la pressione atmosferica è
più bassa e l'ebollizione avviene a temperature inferiori, è
necessario prolungare la bollitura per almeno 5 minuti. Principale
svantaggio di questo metodo è che occorre portare con sé
l'attrezzatura necessaria per far bollire adeguate quantità d'acqua
(es. fornelli da campo e pentole). In commercio sono disponibili
adatti fornelli da campo e stoviglie particolarmente leggere adatte
per gli escursionisti.
Impiego di disinfettanti: i prodotti più largamente utilizzati in
Europa sono quelli a base di cloro, mentre negli USA sono molto
utilizzati i prodotti a base di iodio, più stabili ma anche più
rischiosi per l'alterazione della funzionalità tiroidea se
utilizzati a lungo. La loro efficacia dipende da diversi fattori,
quali la concentrazione d'uso, il tempo di contatto, la temperatura
dell'acqua (meno attivi in acque fredde) e la sua qualità (es. pH,
presenza di materiale organico). Sono
attivi contro batteri, virus e parassiti. I prodotti utilizzabili
sono la soluzione alcolica di iodio al 2% (12 gocce per litro), il
sodio dicloroisocianurato (1 g in 30 litri di acqua), il
clorossidante elettrolitico 1% (10 gocce per litro d'acqua) e
l'ipoclorito di sodio al 5- 6% in cloro attivo (1-2 gocce per litro
d'acqua). Poiché tutti questi prodotti possono impartire un sapore
sgradevole all'acqua, il disinfettante rimasto può essere
neutralizzato appena prima di bere l'acqua aggiungendo acido
ascorbico (per neutralizzare lo iodio) o sodio tiosolfato (per
neutralizzare il cloro). All'estero sono disponibili prodotti pronti
all'uso destinati a questo scopo così come sono reperibili prodotti
a base di ioni argento sotto forma di compresse per la
potabilizzazione dell'acqua, in alternativa a iodio e cloro. L'acqua
trattata con ioni argento può essere bevuta dopo 30' dall'aggiunta
del prodotto o dopo 2 ore se si teme una contaminazione da Giardia.
Filtrazione:
la potabilizzazione dell'acqua può anche essere ottenuta
filtrandola attraverso filtri in ceramica. Ne esistono in commercio
di svariati tipi e con prezzi molto variabili, dai pochi euro alle
centinaia di euro. Vi sono modelli portatili, adatti per escursioni
brevi, e altri adatti per campeggi, con maggiore capacità di
produzione. Tuttavia, questi filtri sono in grado si di trattenere
batteri e protozoi ma non i virus, le cui dimensioni sono inferiori a
quelle dei pori. Esistono però filtri che accoppiano alla camicia
in ceramica, eventualmente rivestita all'interno di ioni argento, uno
strato interno di resina scambiatrice di ioni iodio, in grado di
rimuovere i virus e, infine, un terzo strato di carbone attivo per
eliminare l'eccesso di iodio che può essere stato liberato.
Il vino ippocratico, i suoi antenati e le sue derivazioni
Vino
con zucchero e spezie, preparato secondo un particolare procedimento
di decantazione attraverso colatoi di stoffa a forma conica stretta
ed allungata, chiamati “maniche di Ippocrate”: Hippocrate’s
sleeves, li definisce nel 1780 il reverendo Pegge nel suo commento al
ricettario medievale Form of cury.
Il
termine “manica di Ippocrate” indica lo strumento attinente alle
pratiche medico-farmaceutiche, e di deriva il “vino ippocratico”
perché ottenuto con la manica di Ippocrate. Per il resto, il
capostipite di tutti i medici non ha altre implicazioni nella storia
di questo vino speziato. L’unico rimedio medicinale vinoso a cui
Ippocrate ricorreva con una certa frequenza era il mellicrato (vino
mielato), e per il resto era una profusione di pappe e tisane di
cereali, con sporadici ricorsi all’ossimele (miele e aceto).
il
nome ispirato a quello dell’antico medico fu impiegato con sempre
maggiore frequenza negli ambienti eruditi tardo-medievali. Il vino
hippocras discende dal vinum conditum dei Romani, chiamato anche
piperatum perché a base di pepe e miele, ottenuto per infusione,
partendo più spesso dal mosto, in cui veniva immerso un sacchetto di
tela contenente l’aroma o la miscela di aromi polverizzati.
Le
varianti delle miscele aromatiche utilizzate erano, secondo Plinio,
innumerevoli, ma tutte coniugavano le riconosciute virtù
terapeutiche con l’esigenza pratica di garantire la conservazione
dei vini, o addirittura di migliorarne la qualità.
Quasi
un millennio durò la “moda” del pepe sulle tavole e nei vini
speziati, poi il primato passò ad altre spezie, ed assistiamo così
alla nascita del vino aromatico medievale, in cui predomina
decisamente il cinnamomo.
Anche
il procedimento di preparazione cambia: la miscela di spezie
polverizzate e di miele (lo zucchero si sta facendo strada
lentamente, anche se inesorabilmente) viene introdotta nella “manica
di Ippocrate”, e sopra di essa il vino, che sarà ripetutamente
colato nei recipienti sottostanti, in modo che, chiarificandosi,
trascini con sé la dolcezza e i profumi della conditura. Questo è
l’autentico procedimento per fare un buon hippocras (poiché il
decotto di vino e spezie, l’odierno vin brulé, è da considerarsi
nulla più che un ripiego), e rimarrà in voga per secoli.
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