domenica 8 febbraio 2015

Film "il gladiatore" ("Gladiator") e un metodo altenativo di pulire le ferite

categoria: film, medicina, pronto soccorso

Film "il gladiatore" ("Gladiator") e un metodo altenativo di pulire le ferite


Nel film “il gladiatore” Massimo, ferito alla spalla, svenuto vicino alla tomba della moglie e del figlio, è preso da trafficanti di schiavi e portato via. Quando riprende a tratti i sensi vede le larve di mosca banchettare nella lesione sporca e lui, istintivamente, cerca di levarle, fermato però dallo schiavo numida Juba, che dice: ”No! Essi la puliranno, aspetta e vedrai”.




Il tempo passa, Massimo si risveglia ancora e guarda la sua ferita. Juba dice: “Meglio ora? Pulita! Vedi?” Juba mastica una sostanza e poggia la poltiglia sulla ferita aperta.




La terapia larvale con larve di mosca verde (Lucilia seriata)

Trovare inaspettatamente le larve di mosca in una ferita è un problema medico serio, perché queste provengono da mosche adulte che si sono appoggiate su altre superfici sicuramente sporche e quindi la ferita è da considerarsi a rischio elevato di contaminazione batterica.
La cura di ferite infette usando le larve della mosca verde inizia con le osservazioni effettuate nel 1812 dal barone Dominique Larrey, capo-chirurgo delle armate napoleoniche. Il medico riferiva che le ferite dei soldati infestate di vermi apparivano pulite: le larve ripulivano le ferite coperte di incrostazioni e pus, lasciando intatti i tessuti vivi, perché specializzate nel mangiare i tessuti morti.
Nel corso della Guerra di secessione americana, un medico sudista impiegò sistematicamente queste larve, riuscendo a salvare soldati gravemente feriti da amputazioni o addirittura da morte certa.
Negli Anni '30 del Novecento il chirurgo americano William S. Bear del Johns Hopkins Hospital di Baltimora utilizzava su vasta scala le larve nate da uova disinfettate.
L'era delle larve fu tuttavia di breve durata: la scoperta della penicillina e di altri antibiotici le sbaragliò.
Le osservazioni fatte sulle ferite dove erano presenti le larve e i primi trattamenti empirici con le larve di mosca carnaria avevano però lasciato un segno e questa tecnica è stata “riscoperta” dai medici alla continua ricerca di nuovi modi per contrastare i batteri, - soprattutto i cosiddetti stafilococchi - che resistono agli antibiotici. Adesso la tecnica è regolamentata da una linea guida internazionale, che prevede di utilizzare larve “sicure”, sterili.
In apposite ditte certificate, in scatole chiuse ronzano migliaia di mosche verdi, che depongono le uova in vasetti pieni di piccoli pezzi di carne di fegato in decomposizione. Le uova sono raccolte ogni giorno, disinfettate e avvolte in una massa farinosa, costituita da lievito, gelatina di alghe e carne essiccata, dove le larve si rimpinzano di questo mangime, fino al momento della spedizione negli ospedali che le richiedono.
Le larve sono un rimedio prezioso non solo quando sussiste il pericolo di un'amputazione, ma anche in caso di ulcere cutanee nei soggetti diabetici, per le ferite che stentano a guarire, nei disturbi circolatori o per le piaghe da decubito dei pazienti ospedalizzati.
La terapia larvale concettualmente è semplice, si utilizzano larve sterili appena nate e si mettono su una ferita con materiale necrotico, quindi le larve crescono nella cavità nutrendosi e rimuovendo materiale potenzialmente settico.
La rimozione del materiale necrotico da una ferita, il debridement, in questo caso con terapia larvale invece che tramite tecniche di chirurgia, è necessaria perché nell’area necrotica si liberano sostanze settiche (settico: portatore di germi patogeni; infetto), ottimo substrato per microrganismi patogeni.

Nel maggio 2007 l'Università di Manchester, in Inghilterra, ha pubblicato un rapporto secondo cui 12 pazienti diabetici su 13 con ulcere da stafilococco sono guariti in tre settimane dopo essere stati trattati con larve. Utilizzando i farmaci, un trattamento del genere dura solitamente sette mesi. In un altro grande studio, gli scienziati inglesi dell'Università di York hanno messo a confronto 267 pazienti affetti da ulcere varicose: alcuni sono stati curati con larve di mosca carnaria, ad altri è stato invece applicato un idrogel che viene spesso impiegato per le ferite più problematiche. I risultati della ricerca hanno dimostrato che le larve non hanno portato a una guarigione più efficace, ma hanno certamente contribuito a una pulizia molto più rapida della ferita.

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