categoria: alimenti,
sopravvivenza
L’autore Krakauer ha nuova
teoria sulla morte di McCandless, il protagonista di “into the Wild”.
Il composto tossico
inizialmente identificato come causa di morte di McCandless, era un aminoacido
dagli effetti neurotossici, presente nei semi di alcune piante selvatiche
velenose; si riteneva che la fame avesse spinto a mangiare questi semi,
raccolti per errore, non conoscendo egli sufficientemente bene queste piante.
Altri esami hanno permesso
di determinare che il veleno era un aminoacido leggermente diverso, non
presente nei semi incriminati, ma in quelli di un’altra pianta, H. alpinum, normalmente
ritenuta commestibile.
McCandless quindi ha
raccolto e mangiato i semi di una pianta poco conosciuta, ma ritenuta da tutti
comunemente commestibile; altri testi comunque avvertivano della pericolosità
di questa pianta, ma non erano stati consultati o almeno portati con sé.
McCandless, spinto dalla fame,
ha rischiato e perso, mangiando avventatamente una pianta poco nota e “forse” commestibile, trascurando, nel dubbio, di fare semplici saggi di
commestibilità (Test
universale di edibilità),
raccolte nel Field
Manual 21-76, U.S. Army.
La prova universale di
edibilità non è valida per i funghi e non è infallibile, infatti vi sono molte
eccezioni (1), ma alle volte è l’unica cosa da fare per evitare tragiche
conseguenze., poiché se si è costretti a fare queste prove, vuol dire che si è
lontani da qualsiasi pronto soccorso attrezzato, non è possibile rivolgersi a
un Centro Antiveleni, bisogna insomma cavarsela da soli …. o morire, come
McCandless.
Usare in sicurezza le
risorse alimentari presenti in natura è un processo lungo, ma anche
interessante e fonte di soddisfazione personale; occorre studiare botanica a
tavolino, frequentare persone che praticano la raccolta di erbette selvatiche
commestibili ed officinali, frutti di bosco, funghi, noci e castagne, vedere le
piante nel loro habitat, non solo in fotografia, durante i dodici mesi
dell’anno, per vedere la pianta svilupparsi e produrre fiori e frutti.
Ricordarsi inoltre che una
pianta può avere un frutto commestibile, ma avere una grossa tossicità
concentrata nelle foglie o nelle radici. Ad esempio, la pesca ha, al suo
interno, un nocciolo che “racchiude un glicoside chiamato
amigdalina, un glucoside cianogenico, in altre parole capace di liberare acido
cianidrico quando sottoposto ad idrolisi enzimatica da parte degli enzimi della
flora batterica intestinale.
L'amigdalina è contenuta in 400 specie di piante, per esempio nelle
radici di manioca, nei noccioli delle pesche, delle albicocche, delle prugne,
delle ciliegie, nelle foglie e nella corteccia del sambuco, nelle piante di
ortensia, ecc. Pensandoci, ci si domanda come si fa a non restare intossicati
dopo tutta la frutta che si è mangiata.
L’amigdalina è contenuta nella mandorla del nocciolo del frutto, il quale
non è mai ingerito. L’unico “problema” insorge se il frutto è talmente
maturo da schiudere il nocciolo e quindi da permettergli di fuoriuscire… In
quel caso si consiglia di non mangiarlo, anche se molti esperti hanno
constatato che bisognerebbe mangiarne a decine per riscontrare effetti
spiacevoli”.
Come se non fosse
sufficientemente complicato, le ultime due avvertenze:
- le piante cresciute in acque contaminate o infettate da parassiti,
devono comunque essere disinfettate e bollite;
- le piante selvatiche edibili, ma ricche di acido ossalico, devono subire
necessariamente una preventiva cottura al forno, essere arrostite o essiccate,
in modo da distruggere i cristalli di ossalato.
(Test universale di
edibilità, Field Manual 21-76, U.S. Army)
1. Testate solo una parte
di una pianta potenzialmente edibile alla volta.
2. Separate la pianta
nelle sue componenti basiche: foglie, gambi, radici, germogli e fiori.
3. Annusate per sentire
odori forti o acidi. Ricordate, solamente dall’odore non si può dire se una
pianta è commestibile o no.
4. State a digiuno 8 ore
prima di iniziare il test.
5. Durante le 8 ore di
digiuno, fate test di contatto mettendo pezzi della pianta sulla parte interna
del gomito o sul polso. Solitamente 15 minuti sono sufficienti per una
reazione.
6. Durante il periodo di
test, non ingerire niente ad eccezione di acqua purificata e le parti di piante
che state testando.
7. Selezionate una piccola
porzione di una singola parte e preparatela secondo il modo in cui volete
mangiarla.
8. Prima di mettere in
bocca la porzione, toccatela con la parte esterna delle labbra per testare se causa
bruciore o prurito.
9. Se dopo 3 minuti non
avete nessuna reazione sulle labbra, mettete la porzione sulla lingua e
tenetecela per 15 minuti.
10. Se ancora non vi è
nessuna reazione, masticate cautamente un pezzettino e tenetelo in bocca per 15
minuti. Non ingerite.
11. Se non provoca
bruciore, prurito, torpore, pungiture o altre irritazioni durante i 15 minuti,
ingoiate una piccola porzione di cibo.
12. Aspettate 8 ore. Se un
solo effetto di malessere si manifesta durante questo periodo, inducete il
vomito e bevete molta acqua.
13. Se nessun malessere si
presenta, mangiate 1/4 di tazza della stessa parte di pianta preparata nello
stesso modo. Attendete altre 8 ore. Se non succede niente, le parti di piante
preparate in quel modo sono sicure da mangiare.
(1) la pianta di ortica strofinata sulla pelle causa una fastidiosissima
dermatite, ma le tenere cimette, bollite perdono il potere urticante e sono
usate in cucine per minestroni, frittate ecc.;