Categoria: scenari apocalittici
L'inverno nucleare sul pianeta
.... Un vecchio articolo messo da parte nel 1984, ma ancora attuale. Il rischio di un conflitto atomico non è ancora scongiurato ....
Gli
scienziati hanno provato a simulare gli effetti di un conflitto
atomico generalizzato: ecco i risultati.
Dal
volume «Progetto fallout, per sopravvivere il giorno dopo», di G.
Dieta, editore SugarCo
immagine dell'articolo della Stampa del 1984 |
I
dinosauri si estinsero improvvisamente alla fine dell'era mesozoica,
circa 70 milioni di anni fa. La loro scomparsa pare dovuta a una
grande catastrofe climatica...».
Installati
a bordo di aerei, sottomarini e missili, diciassettemila ordigni
nucleari minacciano la Terra. Il loro potere esplosivo è equivalente
a quello di 12 miliardi di tonnellate di tritolo (1200 megatoni),
sufficiente ad annientare un milione di città come Hiroshima.
In
un conflitto a livello mondiale in cui venissero utilizzati anche
soltanto i due terzi delle bombe disponibili, circa mille
milioni di persone sarebbero immediatamente uccise dalle
esplosioni e più di un miliardo morirebbero in breve tempo per
gli effetti secondari delle esplosioni stesse (incendi,
radiazioni in dosi elevate). Altri due miliardi di uomini
riporterebbero gravi lesioni.
Di
fronte alla prospettiva di una simile tragedia, crediamo che
nessun governo responsabile vorrà mai provocare l'olocausto
nucleare. Ma la possibilità di incidenti, e quindi anche di una
guerra accidentale, esiste. E il rischio aumenta con il numero degli
armamenti disponibili.
La
teoria del «deterrente strategico», che ha alimentato la corsa
agli armamenti, esige che la reazione a un eventuale attacco
nucleare sia immediata e di tale entità da annientare
l'aggressore. In questa evenienza, la Terra subirebbe un trauma
violento e improvviso le cui conseguenze minaccerebbero poi per lungo
tempo le possibilità di sopravvivenza della maggior parte degli
organismi, sia animali sia vegetali scampati alle letali onde di
pressione e di calore e alle radiazioni prodotte dalle deflagrazioni
iniziali.
La
gravità di questo ulteriore aspetto della tragedia (ossia
dei mesi, degli anni «dopo») emerge da un rapporto presentato alla
recente Conferenza di Washington sulle conseguenze di una guerra
nucleare e pubblicato poi dalla rivista «Science».
Si
tratta del lavoro dì una cinquantina di scienziati americani, il cui
punto di partenza è costituito da una realistica valutazione degli
sconvolgimenti climatici e ambientali provocati dalle
esplosioni. La novità di questa analisi, resa possibile dall'uso di
potenti calcolatori, sta nel fatto che sono stati presi in
considerazione i «reali» quantitativi di polveri e fumi
immessi nell'atmosfera dalle esplosioni, anziché basarsi, come
fatto in precedenti studi, su analogie con le eruzioni vulcaniche.
Le
bombe nucleari sono terribilmente più efficienti dei vulcani nel
produrre polveri finissime, sia disaggregando, vaporizzando e
proiettando nell'aria particelle di terreno, sia provocando
l'immediata combustione di tutti i materiali infiammabili su vaste
aree. Per esempio, una bomba da un megatone spiana e brucia
tutto su di un'area di 250 chilometri quadrati e può proiettare
stabilmente nell'atmosfera mezzo milione di tonnellate di polveri.
Gli
effetti climatici di una guerra in cui venissero globalmente fatti
esplodere 10 mila megatoni sarebbero dunque catastrofici per l'intero
pianeta.
Lo
spesso strato di polvere e di fumo formatosi sullo scenario della
guerra si diffonderà nell'atmosfera impedendo ai raggi solari di
raggiungere il terreno: in una notte continua, le temperature
ambientali scenderanno bruscamente di parecchie decine di gradi,
anche fino a 50 sotto zero, le acque saranno ghiaccio e per molti
mesi l'«inverno nucleare» congelerà la Terra.
Si
sa che bastano pochi gradi in meno rispetto alle temperature medie
abituali per decimare i raccolti: è facile quindi prevedere, che
durante l'«inverno nucleare» la produttività delle coltivazioni
agricole dell'intero pianeta sarà praticamente annullata dagli
effetti combinati delle bassissime temperature e della mancanza di
luce, indispensabile per la fotosintesi clorofilliana.
Nello
stesso tempo, la dose di radiazioni ambientali si manterrà molto
elevata (da centinaia a decine di rad) e quando, dopo più di un
anno, luce e temperatura torneranno lentamente alla normalità, una
tempesta di raggi ultravioletti (non più assorbiti dall'ozonosfera,
assottigliata dai gas prodotti nelle esplosioni) si abbatterà sulla
Terra, provocando ulteriori malanni e, in particolare, diffusa
cecità.
Il
freddo, il buio, le radiazioni causeranno l'estinzione di molte
specie animali e vegetali.
In
una Terra biologicamente stremata, in un ambiente estremamente
ostile, inquinato, radioattivo, i sopravissuti della specie Homo
sapiens, in gravi condizioni psicologiche e fisiche e non più
sorretti dagli attuali sistemi agricoli, economici e
sociali, lotteranno in solitudine contro il freddo, la fame, le
malattie.
E
nel documento degli scienziati americani non si esclude la
possibilità dell'estinzione totale della specie umana.
Sergio
Costa.
La
Stampa. 1984
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