categoria: farmacologia
Paracetamolo e ibuprofene
Il paracetamolo e l'ibuprofene sono due molecole molto impiegate nella terapia del dolore e sono praticamente presenti in ogni casa, per curare piccoli disturbi (sono infatti presenti in molti farmaci "da banco" cioè in libera vendita.
Come farmacista sono spesso chiamato a fornire una consulenza nella scelta del farmaco più utile in caso di un dolore di piccola//media entità e mi rendo conto che il capitoli effetti collaterali/controindicazioni non sono molto conosciuti dalla stragrande maggioranza delle persone che entrano in farmacia, con gravi rischi per la loro salute.
PARACETAMOLO
Meccanismo
d'azione
Il
paracetamolo non è un farmaco antinfiammatorio non steroideo (FANS).
Non ha infatti attività antiaggregante e la sua attività
antinfiammatoria è molto debole. Si pensa che l'azione
antinfiammatoria sia attribuibile ad una inibizione debole della via
di sintesi delle prostaglandine.
In
vivo – cioè quando la concentrazione di acido arachidonico è
bassa (<5 μmol/L) – la produzione di prostaglandine è
determinata in maggior parte dalla COX-1 e in minor parte dalla
COX-2. In condizioni fisiologiche e a dosi terapeutiche di
paracetamolo, la sua debole azione inibitoria sulla COX-1 diventa
quindi significativa e produce una blanda riduzione
dell'infiammazione.
Sembra
comunque che il bersaglio principale del paracetamolo e di altri
antipiretici sia una terza isoforma di ciclo-ossigenasi, presente a
livello cerebrale (COX-3). L'inibizione di questo enzima, che è
stato dimostrato essere una variante molecolare della COX-1, potrebbe
dar conto di una parte degli effetti analgesici e antifebbrili
centrali mediati dal paracetamolo nell'uomo, dato che nel ratto non
sembrano essere importanti.
Effetti
tossicologici
Un
rischio correlato con il suo utilizzo è rappresentato dalla sua
presenza in diversi medicinali, sia come unica sostanza che in
associazione, e ciò conduce spesso al sovradosaggio.
Tossicità
epatica
Dosi
superiori a quattro grammi di sostanza al giorno (riferito ad un
adulto del peso di 80 kg o più) sono considerate pericolose per
la salute, con una tossicità che si rivolge verso il fegato con
effetti potenzialmente fatali. Una dose di 10 - 15 grammi è letale,
in quanto porta ad un'epatite fulminante (in relazione alla
suscettibilità del singolo soggetto anche quantità inferiori del
50% possono essere fatali). In caso di ingestione eccessiva, il
paracetamolo porta necrosi delle cellule epatiche in 3-5 giorni.
Per
questo motivo, il dosaggio giornaliero massimo raccomandato negli
alcolisti non deve superare i 2,5 grammi al giorno.
Nel
fegato il paracetamolo è metabolizzato ad opera del citocromo P450
in N-acetilbenzochinoneimmina, un composto molto reattivo e tossico,
che colpisce soprattutto le proteine epatiche. Le cellule epatiche
potrebbero coniugare il paracetamolo con glutatione (GSH) e formare
un glutatione-coniugato, facilmente eliminabile, ma la ridotta
quantità di glutatione nelle cellule rende questa via
ininfluenterispetto a quella del citocromo P450.
Tossicità
renale
Nel
caso di avvelenamento da sovradosaggio, il paracetamolo è
potenzialmente tossico per il rene, comunque il paracetamolo è il
meno nefrotossico tra quelli utilizzabili per il dolore e i traumi ed
è quindi considerato il farmaco di prima scelta nelle persone
affette da insufficienza renale che non possono fare uso dei classici
FANS.
Antidoti
In
casi di avvelenamento si utilizza come antidoto l'acetilcisteina in
dosi elevate (140 mg/kg come dose di carico seguita da 70 mg/kg ogni
4 ore) oppure glutatione (GSH) ridotto in endovena.
IBUPROFENE
L'ibuprofene,
come anche altri farmaci antinfiammatori non steroidei, agisce
inibendo l'enzima cicloossigenasi (COX) che converte l'acido
arachidonico in prostaglandina H2 (PGH2). La PGH2, a sua volta è
convertita da altri enzimi in altre prostaglandine (mediatori del
dolore, dell'infiammazione e della febbre) e di trombossano A2 che
stimola l'aggregazione piastrinica portando alla formazione di
coaguli di sangue.
Ibuprofene
è un inibitore non selettivo della COX, in altre parole inibisce
entrambe le due isoforme di cicloossigenasi,la COX-1 e la COX-2.
L'attività
analgesica, antipiretica e antinfiammatoria di ibuprofene e degli
altri FANS opera principalmente attraverso l'inibizione della COX-2,
mentre l'inibizione della COX-1 è la principale responsabile degli
effetti indesiderati sul tratto gastrointestinale.
In
corso di trattamento con ibuprofene gli effetti avversi di più
frequenti sono di natura gastrointestinale e comprendono anoressia,
dispepsia, nausea, vomito, epigastralgie, flatulenza, diarrea o
costipazione, dolore addominale, perforazione ed emorragia
gastrointestinale, riattivazione o comparsa di ulcera gastrica. Più
raramente sono segnalati altri disturbi quali vertigine, cefalea,
sonnolenza. In un numero limitato di pazienti possono comparire edemi
periferici, ipertensione arteriosa, insufficienza cardiaca, disuria,
ematuria, aumento dell'azotemia, alterazioni della crasi ematica. Il
trattamento cronico con ibuprofene, così come per altri FANS,
potrebbe essere associato a un rischio aumentato di morbidità e
mortalità cardiovascolare e di sviluppo di infarto del miocardio.
Raramente possono verificarsi reazioni da ipersensibilità quali
eruzioni cutanee, rash cutaneo, prurito, peggioramento di
un'orticaria cronica.
Alcuni
studi clinici ed epidemiologici suggeriscono che l'assunzione di dosi
elevate di ibuprofene (2400 mg al giorno) e per periodi di
trattamento di lunga durata – possa essere associato a un aumento
del rischio di eventi trombotici arteriosi come, ad esempio,
accidenti cerebrovascolari oppure infarto del miocardio.
Talvolta
si possono registrare innalzamenti dei valori delle transaminasi (AST
e ALT), ittero ed epatite. In genere la sospensione del trattamento
farmacologico è sufficiente a risolvere il disturbo.
Controindicazioni
Il
farmaco è controindicato nei soggetti con ipersensibilità nota al
principio attivo oppure a uno qualsiasi degli eccipienti. Ibuprofene
non deve essere assunto da soggetti con una storia di asma scatenata
dalla assunzione di ibuprofene, acido acetilsalicilico o altri FANS,
una storia di emorragia o perforazione gastrointestinale in corso di
precedenti terapie con FANS, storia di emorragie in evoluzione. Deve
essere evitato da soggetti con anamnesi di ulcera peptica in
evoluzione o ulcera contraddistinta da sanguinamenti ricorrenti.
Gravidanza
e allattamento
Gli
studi sperimentali sugli animali non hanno dimostrato alcun effetto
teratogeno dell'ibuprofene, quando assunto nel primo trimestre di
gravidanza. Anche nell'essere umano l'assunzione nel corso del primo
trimestre di gravidanza non ha dimostrato effetti teratogeni.
Tuttavia non sono mai stati eseguiti studi epidemiologici per
confermare l'assenza di rischio.
A
partire dal secondo trimestre di gravidanza l'assunzione di
ibuprofene è da evitarsi. L'inibizione della sintesi delle
prostaglandine può interessare negativamente la gravidanza e lo
sviluppo embriofetale.