giovedì 26 novembre 2015

Le emorragie e l'uso dell'acido tranexamico (studio CRASH-2; MATTERs study)

categoria: pronto soccorso

Le emorragie e l'uso dell'acido tranexamico

I traumi rappresentano una delle principali cause di morte al mondo. Circa un terzo delle morti per trauma che avvengono in ospedale sono riconducibili ad una emorragia. I lacci emostatici e gli agenti emostatici (Combat Gauze) sono inutili nelle emorragie interne, mentre l’acido tranexamico (TXA) aiuta a fermare l'emorragia.

Il meccanismo dell’emostasi
L’emostasi è il processo fisiologico mediante il quale si arresta il sanguinamento da un vaso sanguigno leso. L’emostasi richiede l’attività combinata di fattori vascolari, piastrinici e plasmatici; parallelamente si attivano i meccanismi che limitano l’accumulo di piastrine e di fibrina all’area danneggiata.
L’attività fibrinolitica, basata sulla conversione del plasminogeno in plasmina, degrada per via enzimatica la fibrina riuscendo a dissolvere i coaguli di sangue. In caso di intervento chirurgico maggiore o trauma, il danno ai tessuti fa prevalere il processo della fibrinolisi; gli agenti antifibrinolitici si usano in chirurgia per ridurre la perdita ematica nei pazienti con fibrinolisi normale o accentuata e diminuire la necessità di trasfusioni, apparentemente senza aumento del rischio di complicanze postoperatorie, legati alla formazione di microcoaguli all’interno delle arterie e delle vene.
L’acido tranexamico (TXA)̀, un derivato sintetico dell’aminoacido lisina, si lega competitivamente ai siti di legame della lisina sulla molecola del plasminogeno, bloccando la trasformazione l’attivazione in plasmina.
Il farmaco è impiegato prevalentemente per trattare la menorragia e a scopo preventivo negli emofilici che devono sottoporsi ad estrazioni dentarie. Alcuni odontoiatri lo usano per via topica nelle sedi cavitarie che sanguinano abbondantemente.
L’analogia delle risposte emostatiche in caso di intervento chirurgico e di trauma ha portato alla realizzazione di uno studio su una casistica molto ampia, che ha coinvolto 274 ospedali in 40 paesi e 20.000 pazienti.
Lo studio, denominato CRASH-2 (Clinical Randomisation of an Antifibrinolytic in Significant Haemorrhage), pubblicato su The Lancet, ha analizzato gli effetti della somministrazione precoce di acido tranexamico, il rischio di eventi occlusivi vascolari e la necessità di trasfusioni in pazienti traumatizzati con emorragia grave in atto o attesa.

I pazienti hanno ricevuto una infusione endovenosa di 1 g di acido tranexamico in 10 minuti con 100 cc di soluzione fisiologica o Ringer lattato, seguita da una infusione di 1 g in 8 ore. I casi di controllo sono stati trattati con soluzione salina allo 0,9%. L’acido tranexamico è somministrato mediante infusione lenta, per ridurre il rischio di ipotensione.
Il principale criterio di valutazione di efficacia era rappresentato dalla percentuale dei decessi per qualsiasi causa avvenuti in ospedale nelle 4 settimane successive al ricovero. La mortalità totale è stata del 16% nei pazienti trattati con placebo e del 14,5% in quelli trattati con acido tranexamico. La differenza a favore dell’acido tranexamico, corrispondente ad una riduzione del rischio assoluto dell’1,5%, significativa sotto il profilo statistico (una vita salvata ogni 66 pazienti trattati).
L’incidenza di eventi occlusi vascolari fatali e non fatali (ictus, infarto miocardico, embolia polmonare) è risultata 0,3% e 1,4% nel gruppo placebo contro 0,5% e 1,5% nel gruppo acido tranexamico.
Adottando come criterio di valutazione solo la mortalità specifica per emorragia e analizzando la tempistica del trattamento con gli esiti clinici, lo studio ha dimostrato che tanto più precocemente l’acido tranexamico è somministrato tanto maggiore è il beneficio. Il trattamento effettuato entro un’ora dal trauma ha diminuito il rischio di morte per emorragia dal 7,7% al 5,3%, pari ad una riduzione del rischio assoluto del 2,4% (una vita ogni 42 traumatizzati gravi); la somministrazione è ancora utile quando fatta entro tre ore dal ferimento. La somministrazione oltre tre ore dal trauma ha aumentato il rischio di morte per emorragia: i decessi sono infatti risultati 144 (su 3.272 pazienti) contro 103 (su 3.362 pazienti) trattati con placebo, pari al 4,4% contro 3,1%.

Possibili effetti indesiderati
nausea, vomito, diarrea
disturbi visivi
possibile aumento del rischio di coaguli post-infortunio
ipotensione, se somministrato come bolo endovenoso

Conservazione e trattamento
Intervallo di temperatura consigliato per la conservazione: 15 – 30°C. Proteggere questo farmaco da condizioni ambientali estreme (conservare e trasportare in strutture con aria condizionata; in missione i militari portano il farmaco in un piccolo contenitore coibentato nello zaino di pronto soccorso e, in caso di temperature molto rigide, portano il TXA accanto al corpo).


Un recente editoriale pubblicato su “The Medical Journal of Australia” dal titolo “Trauma and tranexamic acid” a firma di Russell L Gruen, Ian G Jacobs e Michael C Reade pone alcuni dubbi sia sul metodo che sul merito dello studio CRASH-2. In particolare lo stato ipercoagulativo indotto dall’Acido Tranexamico potrebbe (teoricamente) favorire l’insorgenza di complicanze spesso fatali, come l’embolia polmonare e la trombosi venosa profonda, tipiche del paziente politraumatizzato. Complicanze risultate molto rare nel CRASH-2, ma più numerose nello studio parallelo condotto in ambito militare (Military Application of Tranexamic Acid in Trauma Emergency Resuscitation; MATTERs study): rispettivamente 9 e 12 volte maggiori nella popolazione trattata con Acido Tranexamico rispetto a quella di controllo. (www.ncbi.nlm.nih.gov)
La riduzione dell’azione fibrinolitica della plasmina tende ad indurre una coagulopatia acuta post-traumatica (ATC), soprattutto nei pazienti politraumatizzati massivamente trasfusi. Poiché l’acido Tranexamico fa parte dei protocolli in cui sono previsti alte dosi di emazie concentrate o di altri fattori ematici, il dubbio sorge spontaneo, ma lo studio CRASH-2 non indaga in maniera soddisfacente su questo punto.

A tal proposito sono già in programma (negli USA ed in Australia) altri trial che prenderanno in considerazione i  dubbi lasciati irrisolti da CRASH-2.

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