martedì 26 agosto 2014

febbre

categoria: pronto soccorso

La febbre non è una malattia di per sé, ma un sintomo di una  patologia, come ad es. un processo infiammatorio, una neoplasia, una reazione allergica. La febbre è determinata dalla elevazione del livello di temperatura corporea da parte di un “termostato” endogeno presente nell'ipotalamo, stimolato da una sostanza detta pirogeno, liberata dai globuli bianchi durante l'infezione e poi mediato dalle prostaglandine, la cui sintesi è bloccata dai FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei).
Nel frattempo che si raccolgono i dati per una corretta diagnosi, s’inizia una terapia sintomatica e si mantiene un adeguato apporto idrico nel paziente febbrile, monitorando anche l’introduzione e l’eliminazione di liquidi.
Farmaci
I FANS sono un gruppo eterogeneo di composti, spesso non correlabili chimicamente tra di loro, che possiedono azione antinfiammatoria, antidolorifica e antipiretica e simili effetti collaterali. Il prototipo dei FANS è l'acido acetilsalicilico (aspirina).
Il meccanismo di azione più importante dei FANS è il blocco dell'enzima della cicloossigenasi, che permette la trasformazione dell'acido arachidonico nella prostaglandina PgG2. Ciò blocca lo sviluppo di eritema, edema e dolore (azione antinfiammatoria), l'elevazione della temperatura mediata dalla liberazione di prostaglandine (azione antipiretica).
I FANS sono efficaci nel dolore di moderata intensità (azione analgesica), soprattutto se determinato dalla infiammazione; non causano dipendenza fisica perché non hanno effetti sul sistema nervoso centrale. L'inibizione della ciclossigenasi non è ugualmente rappresentata nei vari gruppi: ad esempio l'aspirina ha tutti e tre questi effetti, ma altri dello stesso gruppo chimico non hanno effetto antipiretico.

martedì 5 agosto 2014

Lo shock anafilattico


Lo shock anafilattico

Lo shock anafilattico, una delle rea­zioni allergiche più gravi, a volte ad esito fatale, può essere causato dal cibo. La reazione comincia dopo 5-30 minuti dall'assun­zione dell’alimento e si an­nuncia con prurito diffuso, nausea, vomito, fino al collas­so. In caso di emergenza occorre iniettare subito una dose di adrenalina. Un’autoiniettore di adrenalina già pronta all'uso, permette un effetto immediato «salvavita» nei soggetti a rischio dotati di questo farmaco, consentendo loro il tem­po per recarsi in ospedale, per ricevere terapie più complete con cor­ticosteroidi e antistaminici.

Si calcola che lo 0,5 per cento circa degli italiani adulti soffra di allergie ai cibi, men­tre l'incidenza sale fino al 5 per cento tra i bambini. Il più delle volte è difficile identifi­care le sostanze presenti in un alimento già confezionato, cosicché il ri­schio è sempre in agguato.

L’origine della reazione è spesso oscura. In realtà, le vere allergie sono meno diffuse delle forme pseudo allergiche e delle intolleranze alimen­tari. La diagnosi emerge da un'attenta anamnesi che, pe­rò, spesso è vanificata dal tempo che intercorre tra l'as­sunzione di certi cibi e le ma­nifestazioni cliniche. Poco indicativi sono tal­volta i test cutanei e la ricerca delle IgE specifiche nel sangue.

Un'importante con­ferma diagnostica viene dalle diete che possono esse­re o di eliminazione o di scatenamento. Si eliminano cioè dalla dieta, uno alla volta, gli alimenti so­spetti, osservando nel tempo il quadro clinico oppure, si somministra l'alimento so­spetto e si osservano le rea­zioni del paziente in ambien­te ospedaliero.

Le forme pseudoallergiche han­no un quadro clinico spesso simile a quello delle allergie vere e proprie, ma non han­no lo stesso meccanismo immunologico di scatenamento delle IgE. Queste forme sono spesso dovute ad alimenti ricchi di istamina, ad additivi alimenta­ri e a cibi che contengono sa­licilati naturali. La terapia sintomatica è la stessa delle forme allergiche.

I CIBI A RISCHIO DI ALLERGIA

Gli alimenti più frequentemente responsabili della sindrome orticaria-angiodema con meccanismo allergico IgE mediato sono:

- Latte e suoi derivati

- Uova

- Pesci (merluzzo in particolare)

- Crostacei

- Arachidi

- Nocciole

- Noci

- Mandorle

- Soia

- Frumento

...E DI PSEUDOALLERGIA

Alcuni alimenti possono provocare reazioni spesso clinicamente indistinguibili da quelle allergiche, ma sostenute da meccanismi diversi: è il caso dei cibi ricchi o liberatori di istamina:

- Cioccolata

- Arachidi

- Fragole

- Tonno

- Bianco d'uovo

- Pomodori

- Spinaci

- Crostacei

- Alcolici (ricchi di solfiti come vini bianchi, birra)

- Carne di maiale

- Sciroppi e succhi di frutta

- Formaggi fermentati

- Pesci come aringhe ed acciughe

- Insaccati

- Gamberi e crostacei

- Banane

- Ananas

- Frutta secca

- Avocado

- Mais

- Crauti

- Funghi





shock anafilattico

categoria: medicina, pronto soccorso

Lo shock anafilattico è la conseguenza di una grave reazione allergica che segue alla somministrazione di una sostanza estranea all’organismo, detta allergene.
Sono allergeni i farmaci, i veleni inoculati dagli insetti (specialmente imenotteri: api, vespe, calabroni) o dai serpenti, alcuni cibi.
In alcuni rari casi, dopo un primo episodio acuto, intervenuto a breve intervallo di tempo dall’esposizione alla sostanza estranea, si assiste ad un transitorio miglioramento del quadro clinico, seguito poi da una ripresa della sintomatologia.

Sintomi di shock anafilattico
Sintomi di un possibile quadro di shock sono:
- vasodilatazione ed ipotensione (PA max < 90 mmHg o brusca diminuzione di 40 mmHg)
-  tachicardia o bradicardia
-  alterazione dello stato di coscienza
- riduzione del flusso ematico periferico, cute fredda, umida e sudata
- acidosi metabolica
- diuresi < 0.5 ml/Kg/h
- prurito, eritema, orticaria
- perdita di liquidi dai capillari con formazione di edema (a livelllo di cute o laringe)
- spasmo della laringe
- broncospasmo

Quando l’allergene entra in contatto con l’organismo, si stimola la produzione di anticorpi specifici, le immonuglobuline IgE, che fanno scatenare la reazione immunitaria al secondo contatto con la stessa sostanza (reazione di tipo I, IgE mediata). Si scatena la degranulazione cellulare ed il rilascio di mediatori attivi:
istamina, provoca l’aumento della permeabilità capillare, orticaria, arrossamenti cutanei, angioedema, ipotensione;
-  leucotrieni (C4, D4 e E4), hanno spiccata azione broncospastica;
- Fap, attrae le piastrine nella sede della reazione allergica.

Terapia
Gli interventi mirano a mantenere una circolazione sanguigna soddisfacente, una ventilazione adeguata e contrastare la sostanza allergizzante.

Mantenimento della funzione respiratoria:
- garantire la pervietà delle vie aeree
- ossigeno terapia con maschera facciale
- ventilazione assistita con Ambu
- intubazione tracheale
- tracheotomia d’urgenza (presenza di edema di Quincke)

Mantenimento della circolazione sanguigna
incannulare un vaso venoso con ago-cannula ed infusione di liquidi
- ricerca di un secondo accesso venoso

FLUIDI
Soluzioni saline isotoniche, soluzioni saline ipertoniche, Ringer acetato, Ringer lattato
Sostituti del plasma, Destrano, Plasma e derivati, Plasma expander

Monitorare parametri vitali
- ECG
- saturazione O2 transcutanea
- PA
- stato di coscienza

Evitare dispersioni termiche

Farmaci di maggior utilizzo

AMINOFILLINA (AMINOMAL 240 mg / 10 m ) amina simpaticomimetica con attività contrattile sul cuore ed effetti broncodilatatori

ANTISTAMINICI
meccanismo di antagonismo competitivo con i recettori H1 con effetti vascolari (vasocostrizione e diminuzione della permeabilità) e bronchiali (broncodilatazione)
- Prometazina (Farganesse 50mg/2ml) 50-100 mg EV in 3 minuti
- Clorfenamina (Trimeton 40mg/1ml) 40 mg EV lenta

ATROPINA (fl 1mg/1ml) effetti cardiovascolari

CORTICOSTEROIDI
numerosissimi effetti (antiinfiammatori, immunologici, metabolici) sullo shock anafilattico: utili per prevenire il fenomeno dell’anafilassi protratta (ripresa tardiva della sintomatologia), ma non sono efficaci nel trattamento dell’episodio acuto
Idrocortisone (Flebocortid) o Metilprednisolone (Urbason)

DOPAMINA e DOBUTAMINA

ADRENALINA

giovedì 31 luglio 2014

controllo dell'emorragia

Il controllo dell'emorragia

Il controllo dell'emorragia è uno degli aspetti più importanti della medicina tattica poiché essa è la principale causa di morte nel campo di battaglia. Nell'ambito del soccorso durante il combattimento (Care Under Fire; CUF) un laccio dovrebbe essere il primo strumento utilizzato per le emorragie massive.
Qualora non si riesca a raggiungere il controllo dell'emorragia utilizzando un laccio emostatico o la posizione della ferita non ne permette l'utilizzo, l'uso di un bendaggio compressivo e/o un agente emostatico è il passo successivo, se la situazione sul campo lo permette.

L'uso di medicazioni emostatiche
Applicando l'agente emostatico direttamente nella ferita, la pressione del sangue potrebbe lavarlo via impedendogli di agire efficacemente. Per evitare che ciò si verifichi sopra l'agente emostatico occorre posizionare una garza e effettuare una compressione. Ciò permette all'agente emostatico di agire nel sito della ferita.

L'uso di un bendaggio compressivo
Considerazioni preliminari: se la ferita è un trauma penetrante causato da un moderno proiettile ad alta velocità, bisogna considerare che esso ha prodotto nel ferito due cavità: una permanente ed una temporanea. La cavità permanente è causata dal contatto diretto del proiettile con i tessuti. La cavità temporanea è causata dalla cessione di energia quando il proiettile passa attraverso il corpo e ciò può danneggiare gravemente tessuti e organi anche molto lontani dalla traiettoria seguita dal proiettile nel corpo della vittima, quindi limitarsi a medicare semplicemente la ferita di entrata ed uscita del proiettile può essere insufficiente, perchè continua indisturbato il sanguinamento interno.
Il sanitario può intervenire applicando una pressione diretta sul sito della ferita, ma questo può essere insufficiente. Applicare una medicazione tenuta ferma da una benda elastica offre poco più di pressione circonferenziale, inutile come un laccio emostatico inefficace, perché non ferma l'emorragia, non riuscendo ad esercitare pressione sul tessuto danneggiato interno creatosi al passaggio del proiettile. L'applicazione di un bendaggio compressivo e una polvere emostatica può forse bloccare il sanguinamento esterno, ma resta un trattamento insufficiente.
Un sanitario può utilizzare una tecnica più “aggressiva”, ma efficace, che consiste nel l'usare un tampone di garza da spingere all'interno della ferita, come descritto in figura, andando decisamente oltre il foro di ingresso/uscita, riuscendo a fermare velocemente delle emorragie non altrimenti gestibili in ambito preospedaliero. Il termine inglese per il tamponamento della ferita con garza è “ pin-point pressure to the wound”.



(Reprinted From Husum H, Gilbert M, Wisborg T,Saving Lives, Saving Limbs, TWN Penang, 2000)

Uso del tourniquet in un conflitto a fuoco. Relazione di un agente di polizia americana al corrispondente del NY Times. Traduzione

Uso del tourniquet in un conflitto a fuoco. Relazione di un agente di polizia americana al corrispondente del NY Times. Traduzione

"Pensavo che vi avrebbe fatto piacere sapere che il laccio emostatico SOF TQT è stato utilizzato con successo il 25/4/07. Nel condurre una ricerca di un soggetto in una zona rurale dello stato di NY, molti dei miei compagni di squadra si sono trovati sotto il fuoco di un individuo armato di un fucile  calibro 30.30 e di una pistola calibro 22. ed uno di essi è stato colpito da una pallottola calibro 30.30 al braccio. Il proiettile ha attraversato l'arto circa a cinque centimetri dall'omero distale distruggendo l'osso insieme ad una grande quantità di tessuti molli.

L'arteria brachiale è stata recisa. Dopo la ritirata in una posizione riparata l'operatore ha tentato di tamponare l'emorragia applicando il laccio SOF in un punto superiore alla ferita. Dopo essere stato assistito da un altro operatore, il TQT è stato correttamente applicato e l'arteria recisa è stata tamponata con successo e l'operatore ferito è stato evacuato".
L'email dell'agente continua dicendo che il suo compagno di squadra ferito si è salvato e che la dottoressa del pronto soccorso ha detto che l'applicazione del TQT in ambito preospedaliero (PHTLS) è stato determinante.

uso del laccio emostatico (tourniquet) per fermare l'emorragia a livello degli arti. Studio sull'efficacia effettuato in un ospedale militare a Baghdad nel 2006

Uso del laccio emostatico (tourniquet) per fermare l'emorragia a livello degli arti. Studio sull'efficacia effettuato in un ospedale militare a Baghdad nel 2006


Uno studio sull’efficacia dell’uso dei lacci emostatici è stata effettuato per più di 7 mesi nel 2006 in un ospedale militare a Baghdad (NCT00517166; ClinicalTrials.gov).
Tra i 2838 civili e militari ricoverati con ferite agli arti, 232 soggetti (8%) hanno ricevuto lacci emostatici. Lo studio ha valutato i tassi di sopravvivenza e l'esito degli arti cui era stato applicato il laccio emostatico. Lo studio ha ulteriormente distinto l'uso preospedaliero (PHTLS) del laccio emostatico contro quello applicato in ambito del dipartimento di emergenza (ED).

RISULTATI:
- dei 232 pazienti trattati con lacci emostatici 31 sono morti (13%); i tourniquet utilizzati quando lo shock non era ancora comparso sono associati ad alti tassi di sopravvivenza (90%)
- 194 pazienti hanno ricevuto lacci emostatici in ambito pre-ospedaliero e di questi 22 sono morti (11%)
- 38 pazienti hanno ricevuto i lacci emostatici in reparto di emergenza (emergency department; ED) e 9 di loro sono morti (24%)
- 4 pazienti su 232 (1,7%) hanno riportato una paralisi transitoria del nervo a livello del laccio
- nessuno dei 232 pazienti trattati con laccio ha subito una amputazione esclusivamente per l’uso del laccio emostatico

CONCLUSIONI
I tourniquet utilizzati quando lo shock non è ancora comparso sono associati ad alti tassi di sopravvivenza (90%). Questo si intuisce anche confrontando la percentuale di morti nel gruppo di pazienti trattati precocemente in ambito preospedaliero (194 soggetti; 22 morti/11%) rispetto al gruppo arrivato all’ospedale senza essere stati trattati con laccio emostatico (38 soggetti; 9 morti/24%).
I pazienti del secondo gruppo hanno ricevuto il laccio probabilmente più tardi rispetto a quelli del primo gruppo e le loro condizioni, a causa del ritardato controllo dell’emorragia, dovevano essere state mediamente peggiori, quindi più probabile lo stato di shock.
L’osservazione su tutti i pazienti trattati con laccio emostatico ha evidenziato solo una bassa percentuale di effetti collaterali transitori (paralisi transitoria del nervo a livello del laccio; 1,7%) e nessuna amputazione all’arto trattato con il laccio emostatico è da attribuire unicamente all’applicazione di questo mezzo di controllo dell’emorragia.




martedì 29 luglio 2014

1963: avventura nello Yukon. Dispersi dopo un incidente aereo, sopravvivono al freddo inverno nella foresta 49 giorni prima di essere tratti in salvo

categoria: vecchie riviste, episodi di sopravvivenza

Nel 1963, una incredibile prova di sopravvivenza avvenuta in Canada, ebbe un ampio eco nel mondo tanto da meritarsi la copertina della rivista LIFE.


Helen Klaben, ventuno anni, era in volo su un aereo monomotore privato partito da Fairbanks (Alaska) insieme al pilota Ralph Flores, quarantadue anni quando, a causa delle peggiorate condizioni meteo e dei forti venti, l’aereo urtò contro le cime degli alberi, nel remoto territorio dello Yukon (Canada), in inverno con temperature sottozero.

La violenza dell’impatto può essere valutata dai danni subiti all’aeroplano: entrambe le ali rotte e strappate via dall’abitacolo, il motore sbalzato in avanti e i serbatoi di carburante rotti.


Nell’impatto Helen si ruppe il braccio sinistro mentre il pilota restò incosciente per un’ora con naso e mascella fratturati. Entrambi subiranno il congelamento alle dita dei piedi.
Benché fosse stato raccomandato dalle autorità preposte che ogni aereo avesse un’ampia dotazione di provviste, attrezzi e un’arma per cacciare, in realtà i due sopravvissuti non poterono contare su molte provviste e gli unici attrezzi a disposizione furono un’accetta, uno scalpello e il coltello da caccia di Ralph.
I due si sistemarono nella cabina e cercarono di isolarla dal freddo rivestendo il pavimento con i rami di abete rosso strappati dall’aereo durante la caduta.
Le provviste di bordo, succhi di frutta, due scatole di sardine e un pacco di crackers durarono una settimana, mentre l’unica acqua a disposizione venne ricavata sciogliendo la neve, con il fuoco acceso con i fiammiferi. Finite le provviste ebbero solo acqua calda per colazione, pranzo e cena, ma tennero alto il morale immaginando che fosse brodo di carne o zuppa di verdure, aranciata o qualche altra bibita nutriente.
Fortunatamente, Helen e Ralph iniziarono la loro disavventura soprappeso e i loro organismi poterono contare su riserve di grasso per sopperire alla mancanza di cibo, inoltre restare inattivi tutto il giorno dentro la cabina ridusse il loro consumo di calorie; a bordo inoltre erano presenti alcune confezioni di vitamine appartenenti a Ralph.
I due passarono molto tempo leggendo i libri presenti sull’aereo.
Ralph costruì una fionda usando dei tubi di gomma presi dall’aereo, per cacciare gli scoiattoli, ma non riuscì mai a prendere bene la mira.



Il 7 Marzo Ralph decise di abbandonare il luogo dell’incidente, perché la zona era troppo fittamente alberata e disperava di essere visto dall’alto. Questa decisione andava contro la regola d’oro della sopravvivenza, mai lasciare il relitto dell’aereo, ma comunque le ricerche erano state abbandonate il giorno prima. La decisione era comunque corretta perché anche gli investigatori che visitarono il sito dell’incidente dichiararono che gli alberi non avrebbero mai permesso il loro avvistamento dall’alto.
Ralph costruì delle rudimentali racchette da neve e si ingegnò un modo per trasportare comodamente le braci accese per poter disporre facilmente di un fuoco, quindi partì da solo cercando uno spiazzo aperto fra gli alberi.
Ralph trovò un posto ideale abbastanza vicino all’aereo e quindi tornò indietro per prelevare anche Helen, usando una slitta improvvisata con una lamiera fatta dell’aereo.
Prima di partire i due lasciarono sull’aereo delle indicazioni per eventuali soccorritori scrivendo la direzione presa e la data di partenza: 16/3/1963.


Raggiunto lo spiazzo aperto i due prepararono un riparo ed iniziarono a predisporre delle segnalazioni visibili dall’alto e l'occorrente per accendere velocemente un fuoco, inoltre la ragazza camminò nella neve disegnando una grossa SOS e una freccia che indicava la posizione del loro rifugio.


Il giorno 24 Marzo il pilota Chuck Hamilton della B.C. Yukon Air Service avvistò i due, sorvolò più volte il loro accampamento  e prese nota anche del numero identificativo del loro aeroplano, letto sulla lamiera dell’aereo che i due avevano staccato e trasportato con loro: N5886.
Dopo qualche tempo arrivarono i soccorsi via terra e i due superstiti furono medicati, rifocillati e portati in un ospedale.





Degna di nota la battuta fatta da Helen ai giornalisti giunti numerosi ad intervistarli: “consiglio questa avventura a chi desidera iniziare una dieta”.
Nel 1975 dalla avventura fu ricavato un film per la televisione dal titolo  “ Hey, i’m alive”.