domenica 27 maggio 2018

Shock, tipi e fisiopatologia

categoria: pronto soccorso

Shock, tipi e fisiopatologia


Shock
Si definisce lo shock come una situazione circolatoria anomala che porta a riduzione globale della perfusione tissutale e che sfocia in alterazioni del funzionamento degli organi vitali fino alla loro compromissione totale ed irreversibile.
Tipi di shock ed eziologia
Nel traumatizzato si possono riscontrare contemporaneamente tutti i seguenti tipi di shock:
1) Insufficienza cardiaca (shock cardiogeno), una insufficienza di pompa che può avere molte cause tra cui la contusione cardiaca, l'infarto miocardico, l'insufficienza cardiaca congestizia, il tamponamento cardiaco, lo pneumotorace iperteso, l'anafilassi, la scarica elettrica ad elevato voltaggio e l'avvelenamento.
2) Riduzione del volume circolante (shock ipovolemico) provocato da emorragia sia interna che esterna o perdita di liquidi ed elettroliti provocata da vomito e diarrea, da insufficienza surrenalica acuta, da iperglicemia, da embolia polmonare o da strozzamento intestinale.
3) Danni al letto capillare da perdita di liquido plasmatico e di elettroliti in situazioni quali le ustioni termiche, le lesioni da freddo, l'anafilassi, lo shock endotossico (da tossine batteriche come, ad esempio, quelle della cancrena gassosa) e le lesioni da schiacciamento.
4) Aumento della capacità circolatoria (shock neurogeno). È provocata dalla dilatazione del letto vascolare per perdita del controllo vasomotorio a seguito di lesione del midollo spinale.
La descrizione che segue si applica principalmente allo shock ipovolemico.

Fisiopatologia
Quando la gettata cardiaca si riduce, diminuiscono anche la perfusione dei barorecettori carotidei nel seno carotideo e la stimolazione del centro cardioinibitore nel midollo allungato, per cui la frequenza cardiaca aumenta. Il centro vasomotorio midollare risponde alla diminuzione della gettata con una vasocostrizione delle arteriole cutanee, splacniche e muscolari e una vasodilatazione delle arteriole cardiache e cerebrali. All'inizio, il polso (la cui pressione è uguale a quella della pressione sistolica meno quella diastolica) si fa piccolo, mantenendo per un certo periodo stabile la pressione ematica che, successivamente, crolla. L'intensa vasocostrizione periferica porta ad anossia stagnante e a cianosi periferica da eccessiva riduzione della emoglobina (se presente in circolo in quantità superiore a 5 g/100 ml).
L'anossia stagnante fa sì che l'ossigeno non giunga agli organi bersaglio e che si accumuli anidride carbonica. I processi metabolici passano da aerobi ad anaerobi, con accumulo di acido lattico e acidosi metabolica. I chemorecettori carotidei nel corpo carotideo sono sensibili a questo tipo di acidosi e stimolano il centro respiratorio, provocando un incremento della frequenza respiratoria. La vasocostrizione arteriolare periferica comporta riduzione della pressione idrostatica all'estremo arteriolare del capillare, con netto riassorbimento di liquido interstiziale ed elettroliti (a patto che la pressione osmotica resti stabile) all'interno dei capillari e nello spazio intravascolare.

L’organismo del soggetto ferito risponde all’emorragia sostituendo al più presto le proteine del plasma e gli eritrociti persi.