sabato 17 settembre 2016

Paracetamolo e ibuprofene

categoria: farmacologia

Paracetamolo e ibuprofene


Il paracetamolo e l'ibuprofene sono due molecole molto impiegate nella terapia del dolore e sono praticamente presenti in ogni casa, per curare piccoli disturbi (sono infatti presenti in molti farmaci "da banco" cioè in libera vendita.
Come farmacista sono spesso chiamato a fornire una consulenza nella scelta del farmaco più utile in caso di un dolore di piccola//media entità e mi rendo conto che il capitoli effetti collaterali/controindicazioni non sono molto conosciuti dalla stragrande maggioranza delle persone che entrano in farmacia, con gravi rischi per la loro salute.


PARACETAMOLO

Meccanismo d'azione
Il paracetamolo non è un farmaco antinfiammatorio non steroideo (FANS). Non ha infatti attività antiaggregante e la sua attività antinfiammatoria è molto debole. Si pensa che l'azione antinfiammatoria sia attribuibile ad una inibizione debole della via di sintesi delle prostaglandine.
In vivo – cioè quando la concentrazione di acido arachidonico è bassa (<5 μmol/L) – la produzione di prostaglandine è determinata in maggior parte dalla COX-1 e in minor parte dalla COX-2. In condizioni fisiologiche e a dosi terapeutiche di paracetamolo, la sua debole azione inibitoria sulla COX-1 diventa quindi significativa e produce una blanda riduzione dell'infiammazione.
Sembra comunque che il bersaglio principale del paracetamolo e di altri antipiretici sia una terza isoforma di ciclo-ossigenasi, presente a livello cerebrale (COX-3). L'inibizione di questo enzima, che è stato dimostrato essere una variante molecolare della COX-1, potrebbe dar conto di una parte degli effetti analgesici e antifebbrili centrali mediati dal paracetamolo nell'uomo, dato che nel ratto non sembrano essere importanti.

Effetti tossicologici
Un rischio correlato con il suo utilizzo è rappresentato dalla sua presenza in diversi medicinali, sia come unica sostanza che in associazione, e ciò conduce spesso al sovradosaggio.
Tossicità epatica
Dosi superiori a quattro grammi di sostanza al giorno (riferito ad un adulto del peso di 80 kg o più) sono considerate pericolose per la salute, con una tossicità che si rivolge verso il fegato con effetti potenzialmente fatali. Una dose di 10 - 15 grammi è letale, in quanto porta ad un'epatite fulminante (in relazione alla suscettibilità del singolo soggetto anche quantità inferiori del 50% possono essere fatali). In caso di ingestione eccessiva, il paracetamolo porta necrosi delle cellule epatiche in 3-5 giorni.
Per questo motivo, il dosaggio giornaliero massimo raccomandato negli alcolisti non deve superare i 2,5 grammi al giorno.
Nel fegato il paracetamolo è metabolizzato ad opera del citocromo P450 in N-acetilbenzochinoneimmina, un composto molto reattivo e tossico, che colpisce soprattutto le proteine epatiche. Le cellule epatiche potrebbero coniugare il paracetamolo con glutatione (GSH) e formare un glutatione-coniugato, facilmente eliminabile, ma la ridotta quantità di glutatione nelle cellule rende questa via ininfluenterispetto a quella del citocromo P450.
Tossicità renale
Nel caso di avvelenamento da sovradosaggio, il paracetamolo è potenzialmente tossico per il rene, comunque il paracetamolo è il meno nefrotossico tra quelli utilizzabili per il dolore e i traumi ed è quindi considerato il farmaco di prima scelta nelle persone affette da insufficienza renale che non possono fare uso dei classici FANS.

Antidoti
In casi di avvelenamento si utilizza come antidoto l'acetilcisteina in dosi elevate (140 mg/kg come dose di carico seguita da 70 mg/kg ogni 4 ore) oppure glutatione (GSH) ridotto in endovena.


IBUPROFENE

L'ibuprofene, come anche altri farmaci antinfiammatori non steroidei, agisce inibendo l'enzima cicloossigenasi (COX) che converte l'acido arachidonico in prostaglandina H2 (PGH2). La PGH2, a sua volta è convertita da altri enzimi in altre prostaglandine (mediatori del dolore, dell'infiammazione e della febbre) e di trombossano A2 che stimola l'aggregazione piastrinica portando alla formazione di coaguli di sangue.
Ibuprofene è un inibitore non selettivo della COX, in altre parole inibisce entrambe le due isoforme di cicloossigenasi,la COX-1 e la COX-2.
L'attività analgesica, antipiretica e antinfiammatoria di ibuprofene e degli altri FANS opera principalmente attraverso l'inibizione della COX-2, mentre l'inibizione della COX-1 è la principale responsabile degli effetti indesiderati sul tratto gastrointestinale.
In corso di trattamento con ibuprofene gli effetti avversi di più frequenti sono di natura gastrointestinale e comprendono anoressia, dispepsia, nausea, vomito, epigastralgie, flatulenza, diarrea o costipazione, dolore addominale, perforazione ed emorragia gastrointestinale, riattivazione o comparsa di ulcera gastrica. Più raramente sono segnalati altri disturbi quali vertigine, cefalea, sonnolenza. In un numero limitato di pazienti possono comparire edemi periferici, ipertensione arteriosa, insufficienza cardiaca, disuria, ematuria, aumento dell'azotemia, alterazioni della crasi ematica. Il trattamento cronico con ibuprofene, così come per altri FANS, potrebbe essere associato a un rischio aumentato di morbidità e mortalità cardiovascolare e di sviluppo di infarto del miocardio. Raramente possono verificarsi reazioni da ipersensibilità quali eruzioni cutanee, rash cutaneo, prurito, peggioramento di un'orticaria cronica.
Alcuni studi clinici ed epidemiologici suggeriscono che l'assunzione di dosi elevate di ibuprofene (2400 mg al giorno) e per periodi di trattamento di lunga durata – possa essere associato a un aumento del rischio di eventi trombotici arteriosi come, ad esempio, accidenti cerebrovascolari oppure infarto del miocardio.
Talvolta si possono registrare innalzamenti dei valori delle transaminasi (AST e ALT), ittero ed epatite. In genere la sospensione del trattamento farmacologico è sufficiente a risolvere il disturbo.

Controindicazioni
Il farmaco è controindicato nei soggetti con ipersensibilità nota al principio attivo oppure a uno qualsiasi degli eccipienti. Ibuprofene non deve essere assunto da soggetti con una storia di asma scatenata dalla assunzione di ibuprofene, acido acetilsalicilico o altri FANS, una storia di emorragia o perforazione gastrointestinale in corso di precedenti terapie con FANS, storia di emorragie in evoluzione. Deve essere evitato da soggetti con anamnesi di ulcera peptica in evoluzione o ulcera contraddistinta da sanguinamenti ricorrenti.

Gravidanza e allattamento
Gli studi sperimentali sugli animali non hanno dimostrato alcun effetto teratogeno dell'ibuprofene, quando assunto nel primo trimestre di gravidanza. Anche nell'essere umano l'assunzione nel corso del primo trimestre di gravidanza non ha dimostrato effetti teratogeni. Tuttavia non sono mai stati eseguiti studi epidemiologici per confermare l'assenza di rischio.
A partire dal secondo trimestre di gravidanza l'assunzione di ibuprofene è da evitarsi. L'inibizione della sintesi delle prostaglandine può interessare negativamente la gravidanza e lo sviluppo embriofetale.


venerdì 16 settembre 2016

Paracetamolo e ibuprofene nel trattamento del dolore pediatrico

categoria: pronto soccorso, farmacologia

Paracetamolo e ibuprofene nel trattamento del dolore pediatrico


Nella gestione del dolore del bambino è importante distinguere il dolore con componente infiammatoria (es: otite, faringite, laringite) da quello senza componente infiammatoria (dolore addominale, dolore da trauma, dolore da crescita, dentizione, emicrania) in quanto il trattamento è spesso diverso.

un metodo di valutazione soggettiva del dolore nel bambino


Trattamento del dolore senza componente infiammatoria
Il Paracetamolo è una valida opportunità terapeutica per il trattamento della febbre e delle patologie dolorose senza infiammazione. E’ ben tollerato con effetti collaterali piuttosto scarsi. Non è gastrolesivo, può essere assunto a stomaco vuoto ed il suo uso è indicato anche nei neonati.
Il dosaggio usato per scopi antalgici del paracetamolo dovrebbe essere maggiore rispetto a quello usato per il controllo della febbre:
  • la dose adeguata per il dolore è 15- 20 mg/Kg/dose per bocca
  • la dose corretta per il controllo della febbre è 10-15 mg/Kg/dose per bocca

L'intervallo tra una dose e l’altra per il controllo del dolore è di almeno 4 ore, calcolando la dose in funzione del peso del bambino e non la sua età; la dose massima di paracetamolo nelle 24 ore non deve superare i 60 mg/Kg nei bambini con meno di 3 mesi e gli 80 mg/Kg nei bambini con più di 3 mesi.
L’effetto collaterale più grave dovuto al sovradosaggio di paracetamolo è la necrosi epatica (potenzialmente fatale). Possono anche verificarsi necrosi tubulare renale e coma ipoglicemico.
Condizioni di induzione dei citocromi (per es. elevato consumo di alcol) o deplezione di glutatione (malnutrizione o digiuno) aumentano la suscettibilità al danno epatico che, comunque, non è comune in seguito alla somministrazione di dosi terapeutiche.



Trattamento del dolore con componente infiammatoria
In caso di patologie con componente infiammatoria, come otite, laringite o faringite, l’ibuprofene è il farmaco di scelta.

Il dosaggio di ibuprofene, assunto per via orale, dipende dal peso del bambino e va somministrato con un intervallo tra una dose e l’altra di almeno 6/8 ore. Il dosaggio massimo di Ibuprofene nelle 24 ore non deve superare i 30 mg/Kg, ma sono improbabili effetti tossici per dosaggi fino a 100 mg/kg/die.

Pazienti nefropatici/disidratati

Nei pazienti pediatrici con disidratazione o insufficienza renale, il paracetamolo rappresenta il farmaco di scelta rispetto all'ibuprofene.