sabato 18 ottobre 2014

Validità dei medicinali

categoria: medicina

La data di scadenza di un medicinale indica la validità del prodotto, cioè il periodo entro il quale è possibile utilizzare quel medicinale (purché correttamente conservato). Questa data corrisponde al periodo in cui la ditta produttrice del medicinale garantisce una presenza minima del principio attivo del 90% rispetto a quanto dichiarato in etichetta. Oltre tale data la quantità di principio attivo potrebbe essere diminuita di più del 10% con la conseguenza che il medicinale non garantisce più l'effetto terapeutico.
La ditta produttrice fissa le condizioni di conservazione e la data di scadenza, con un certo margine di precauzione che la metta al riparo da problemi legali e di responsabilità civile. La data di scadenza riportata sulla confezione, in ogni caso non può essere superiore ai cinque anni, anche quando la formulazione fosse sicuramente stabile oltre quella data.
La data di scadenza è indicata sulla confezione esterna (la scatola di cartone), ma molto spesso anche sul contenitore primario del medicinale (sull'etichetta della boccetta per gocce e sciroppi, oppure stampigliata sul fondo del tubetto di creme e pomate, o sul bordo dei blister che contengono le compresse e le capsule).
La data di scadenza si esprime di solito con le due cifre relative al mese, e altre due cifre o meglio quattro, relative all'anno. Se la data di scadenza non include anche il giorno, si intende che è possibile utilizzare il medicinale fino all'ultimo giorno del mese indicato.
Il periodo di validità del medicinale è fissato secondo studi di stabilità reale o simulata (cosiddetta "vita di scaffale"), ottenuti anche da studi di degradazione accelerata.
La degradazione del principio attivo e la formazione di composti tossici è un rischio considerato del tutto ipotetico (un caso segnalato di tossicità riguarda la tetraciclina, nel lontano 1963. Fonte: The medical letter, XXXI, 23, 2003).
I principi attivi contenuti nel medicinale subiscono un processo di degradazione chimica spontanea dovuta all’energia (fornita da temperatura, luce e radiazioni solari) che si accumula nel tempo determinando la trasformazione chimica del principio attivo del medicinale.
Per comprendere meglio come il tempo rappresenta un coefficiente moltiplicatore della temperatura di conservazione per l'effetto sulla validità, osserviamo il comportamento dell’insulina: l'insulina si conserva in frigorifero, ma da quando si comincia ad utilizzare una fiala può essere tenuta a temperatura ambiente per quattro settimane.
Escludendo quindi sbalzi termici e temperature eccessive che alterano immediatamente il medicinale (con le cautele già indicate sopra), una piccola variazione può essere tranquillamente tollerata purché occasionale e limitata nel tempo. In particolare, per quei prodotti che non riportano indicazioni specifiche in etichetta, occasionali e temporanee permanenze a temperatura attorno ai quaranta gradi non compromettono la sicurezza o l'efficacia dei farmaci.
Comprendere il significato della temperatura di conservazione consente di prendere le giuste precauzioni, senza incorrere in inutili preoccupazioni o eccessivo zelo.
In situazioni di scarsa stabilità il preparato può essere assoggettato a particolari norme di conservazione per la catena distributiva (conservazione in frigorifero per i distributori intermedi e farmacisti), lasciando invece all’utilizzatore finale la possibilità di conservare il prodotto senza alcuna restrizione, perché si prevede comunque da parte del paziente un’uso in tempi brevi.
Modi di conservazione particolari e date di scadenza ravvicinate sono fissati con una frequenza sempre maggiore, anche in relazione a formulazioni molto sofisticate che hanno una stabilità notevolmente inferiore rispetto a preparazioni farmaceutiche tradizionali: si pensi ad esempio alla diversa stabilità di preparati solubili in bustine o compresse effervescenti rispetto alle compresse tradizionali (queste preparazioni devono essere protette dall’umidità dell’aria e si deve evitare quindi non lasciarli in cucina e in bagno. 
Le condizioni di conservazione riguardo alla temperatura sono stabilite seguendo le direttive comunitarie, con dizioni che indichino un preciso limite di temperatura, o un intervallo di temperatura, e con l'esclusione di definizioni generiche come "temperatura ambiente".
In etichetta non è riportata alcuna indicazione sulla temperatura di conservazione quando gli studi di stabilità accelerata ne dimostrano la stabilità per sei mesi a 40 gradi °C (+ /- 2 gradi) e ad un livello di umidità relativa del 75% (+ o - 5%), parametri inclusi nelle escursioni osservate nelle varie zone climatiche dei Paesi dell'Unione europea.
I farmaci che debbono essere conservati tra i + 2 e i + 8 gradi °C necessitano di frigorifero.
Per quanto riguarda la protezione dalla luce, si definisce luce attinica quella componente della luce naturale solare o artificiale (parte dello spettro visibile, ma soprattutto l'ultravioletto) che può determinare trasformazioni chimiche e reazioni di degradazione nelle sostanze irradiate. Per la protezione dalla luce attinica è sufficiente che il medicinale sia conservato nel suo contenitore originale, solitamente opaco alle radiazioni luminose.
La data di scadenza si riferisce sempre al medicinale in confezione integra e conservato nel rispetto delle condizioni indicate sulla confezione stessa.
La confezione può essere definita integra solo se non è danneggiata (assenza di lacerazioni, rotture, rigonfiamenti sospetti) e/o aperta.
In seguito alla prima apertura la data di scadenza deve comunque essere considerata valida solo se le singole dosi da assumersi in tempi successivi sono confezionate ciascuna in modo indipendente e sigillato (fiale e fialoidi, compresse e capsule in blister, colliri monodose, bustine, etc).
Se il medicinale non è monodose, occorre richiudere sempre la confezione con molta attenzione, e si raccomanda di annotare la data della prima apertura sulla scatola o sull'etichetta, per potersi regolare di conseguenza sull’opportunità di utilizzare ancora lo stesso medicinale in seguito. Attraverso le aperture ed i prelievi successivi, il medicinale può andare incontro a contaminazione batteriologica oppure può venire in contatto con aria, luce ed umidità, che accelerano la degradazione chimica.
I medicinali che si preparano estemporaneamente da liofilizzati hanno, in genere, una durata molto limitata, di solito di poche ore o pochi giorni, a causa della instabilità chimica (ad esempio antibiotici).
I colliri in boccetta hanno in genere una validità molto limitata dalla prima apertura (una quindicina di giorni) per evitare contaminazione e proliferazione microbiologica.
le gocce nasali debbono essere rinnovate con frequenza poiché spesso il contagocce che vi si immerge è veicolo di contaminazione.
I medicinali per somministrazione parenterale (intramuscolare, sottocutanea o endovenosa) richiedono la sterilità ad ogni somministrazione, per cui devono essere utilizzati al momento ed una sola volta, subito dopo averli ricostituiti (se del caso, aggiungendo il solvente al liofilizzato); unica eccezione, i flaconcini muniti di tappo di gomma sigillato, che consentono, se previsto dal foglietto illustrativo, un'aspirazione con l'ago della siringa attraverso il tappo di gomma (purché non venga rimossa la corona di plastica o di metallo), entro 12-48 ore conservando il prodotto in frigorifero.

Molti antibiotici in polvere per sospensione orale dopo la preparazione devono essere conservati nel frigorifero.

venerdì 17 ottobre 2014

black out e stabilità dei farmaci

Black out elettrico e stabilità dei farmaci

Scenario:
un black-out colpisce la penisola e lascia tutti al buio per alcuni giorni. Non è una ipotesi fantascientifica, ma fatti effettivamente successi che potrebbero ripetersi.
All'indomani del black-out i telegiornali trasmettono immagini del  Nas che si aggirano tra i banchi di surgelati dei supermercati, ma che è successo ai farmaci conservati nei frigoriferi?.
Le aziende farmaceutiche scrivono sulla confezione informazioni differenziate per grossisti/farmacisti e per gli utilizzatori finali sulle modalità di conservazione dei farmaci da conservare in frigo: ad esempio i primi hanno l'obbligo di conservare il prodotto in una ben precisa fascia di temperatura, in genere tra 2 e 8° C (mai in congelatore), mentre il paziente che lo acquista non deve avere speciali attenzioni di conservazione (niente frigorifero) se non prestare attenzione che il prodotto non superi i 25 – 30 °C.
Queste indicazioni avvalorano la tesi che tenere un farmaco di questo tipo fuori dal frigorifero (o in un frigo spento) per un periodo di tempo limitato, non causa problemi di stabilità.
E’ molto più dannosa la brusca e improvvisa escursione termica che subisce il farmaco quando si esce dalla farmacia e si lascia la confezione sul cruscotto dell'automobile al sole, dove la temperatura può raggiungere anche i 60°C. Il rischio comunque è limitato alla ridotta efficacia del prodotto, perché gli studi fatti, non segnalano casi di tossicità da parte di farmaci scaduti. La ricerca, pubblicata su Medical Letter trattava dei farmaci che non richiedono la conservazione in frigo, ma il discorso non dovrebbe cambiare anche per quelli conservati in frigo.

Per quanto riguarda i farmaci conservabili a temperatura ambiente i dati della ricerca dimostrano che a temperatura ambiente o in condizioni di "stress" (40°C di temperatura e 75% di umidità relativa) i farmaci sotto osservazione sono rimasti chimicamente e fisicamente stabili per un tempo che va da 1,5 a 9 anni oltre la data di scadenza.