venerdì 12 ottobre 2018

TRATTAMENTO DELLE FERITE E DEI TRAUMI DELL’ADDOME 1° parte

categoria: pronto soccorso

TRATTAMENTO DELLE FERITE E DEI TRAUMI DELL’ADDOME 1° parte

La cavità addominale contiene molti organi (stomaco, intestino tenue, colon, fegato, milza e la vescica urinaria) e molti grossi vasi arteriosi e venosi. Un oggetto che perfora la parete addominale può danneggiare tali organi, provocare gravi emorragie e determinare un’infezione a causa dell’ingresso di germi. Le lesioni localizzate nell’addome sono particolarmente gravi perché la loro risoluzione richiede necessariamente un intervento chirurgico non realizzabile sul campo.


Le lesioni addominali sono classificate in “aperte” (o “penetranti”) e “chiuse” (senza perforazione della parete addominale).
Nelle ferite aperte dell’addome, quando la perforazione è causata da proiettili a bassa energia o oggetti appuntiti (es. armi bianche) si creano lesioni solo lungo il loro tragitto. Nel caso invece di proiettili ad alta velocità e frammenti da esplosione si creano lesioni lungo il loro tragitto ma anche a distanza a causa dell’effetto di “cavitazione” e dell’elevata quantità di energia trasferita ai tessuti. Qualche volta il contenuto addominale (ad es. parte dell’intestino) può protrudere all’esterno attraverso la ferita (eviscerazione). L’organo più spesso interessato è il fegato a causa del maggiore volume.
traumi chiusi dell’addome sono causati da contusioni o dalla compressione diretta sull’addome, dall’azione dell’onda di pressione che si accompagna ad un’esplosione o dalla brusca decelerazione del corpo. In questo caso si possono avere danni nonostante la cute e la parete addominale non sia perforata. Le strutture più a rischio sono il fegato, la milza, i reni e la parte retro peritoneale del duodeno, mentre gli organi cavi (apparato digerente e urinario) sono più resistenti ai traumi contusivi a meno che non siano pieni al momento del trauma (aria, feci, urine, succhi gastrici, bile, alimenti liquidi e solidi etc.), in quel caso, le pareti già distese, non resistono all’ulteriore sollecitazione e si lacerano. La liberazione del contenuto dei visceri nella cavità addominale provoca una peritonite. 
I traumi addominali mettono a rischio la vita del ferito per 2 motivi: l’emorragia (prevalentemente interna) e l’infezione.
E’ indispensabile identificare correttamente i feriti con lesioni addominali importanti che richiedono un intervento chirurgico. L’identificazione è semplice nel caso si osservino ferite penetranti dell’addome (dove si presume comunque un danno vascolare e viscerale), mentre è molto più difficile nel caso di traumi chiusi dove il soccorritore deve decidere l’evacuazione del ferito prendendo velocemente in considerazione la dinamica presunta del trauma e gli altri dati ricavabili dall’osservazione della scena; nel caso di incidente con veicoli verificare se le cinture erano indossate, le condizione degli altri passeggeri e i danni riportati dal veicolo, per stabilire l’entità di energia lesiva ricevuta.



Lesioni addominali non riconosciute spesso determinano l’accumulo di grandi grandi quantità di sangue nella cavità addominale, nello spazio retro-peritoneale ed a livello dei compartimenti muscolari della radice degli arti inferiori nonostante le manifestazioni cliniche siano minime. Devono mettere in allarme la comparsa progressiva di uno stato di shock, ecchimosi estesa sulla parete addominale, l’instabilità del bacino o una lesione della parte inferiore del torace, quindi è opportuno, quando il soccorritore esamina un ferito in stato di shock senza una evidente spiegazione, considerare l’eventualità di un trauma addominale e la necessità di una evacuazione rapida del ferito.

domenica 30 settembre 2018

La risposta dell’organismo al ferimento, controllo del dolore nel paziente


Categoria: pronto soccorso

La risposta dell’organismo al ferimento e l'importanza del controllo del dolore nel paziente


Quando un vaso sanguigno viene leso l’organismo mette in atto dei meccanismi di compenso: 
- la contrazione della muscolatura del vaso lo accorcia e ne riduce il diametro del vaso riducendo l’emorragia. La contrazione è solo temporanea e lentamente si riduce facendo ripartire la fuoriuscita di sangue 
- il contatto del sangue con le pareti lesionate del vaso attiva il processo di aggregazione delle piastrine e la produzione di fibrina portando alla formazione di un coagulo a livello del vaso lacerato e all’arresto della emorragia 
- in seguito ad una lesione traumatica si osserva una immobilizzazione della parte del corpo sede della lesione; questa reazione muscolare porta a ridurre il dolore e l’afflusso di sangue alla parte colpita.
Il dolore. Effetti sullo stato di shock ipovolumetrico dopo emorragia grave
Una emorragia importante porta alla ridotta perfusione dei tessuti causa di ipossia ed aumento della concentrazione di anidride carbonica nel sangue; la conseguenza di questi valori anomali è un abbassamento della soglia del dolore dell’individuo. Un forte dolore provoca nel ferito uno stimolo alla liberazione degli ormoni dello stress come l’adrenalina che causano tachicardia, vasocostrizione periferica, ridotta perfusione dei tessuti ed aumento della pressione intracranica. L’insieme di tutti i fattori citati aggravano le conseguenze cliniche dello stato di shock ben oltre la fase “compensata”.



tccc. cause di morte evitabili in combattimento

categoria: pronto soccorso, TCCC

Tactical Casualty Combat Care (TCCC)
Assistenza pre-ospedaliera in ambiente tattico


I protocolli della TCCC sono fondamentalmente diversi da quelli tradizionali dei traumi civili, per i quali sono in genere disponibili molte attrezzature coadiuvanti la diagnostica e staff medici completi.
Queste differenze non sono legate esclusivamente al tipo di trauma ma anche alla situazione in cui si è costretti ad operare. Un pur corretto intervento medico ma effettuato in un momento sbagliato, in un ambiente tattico caratterizzato da fuoco ostile, aumenta solo il numero delle vittime. Le differenze più importanti sono:
  • presenza di elementi ostili
  • buio o condizioni ambientali estreme
  • ferite particolari (da arma da fuoco, traumi da esplosione, ecc.)
  • dotazioni mediche limitate
  • necessità di natura tattica
  • ritardi prolungati prima di ottenere un’assistenza ospedaliera
  • diversa formazione medica ed esperienza dei soccorritori
Il destino del ferito è nelle mani di chi fornisce la prima cura, in genere un paramedico combattente, quasi mai un medico, la cui preparazione nel campo dell’intervento diretto in battaglia, cioè il TCCC, è decisiva nel ridurre la gravità degli incidenti. L’addestramento alle tecniche di pronto soccorso in ambito militare prepara il soldato a fornire assistenza sanitaria, soprattutto per intervenire sulle principali cause di morti evitabili in combattimento:
- emorragie agli arti
- pneumotorace iperteso
- ostruzione delle vie aeree
La maggior parte delle vittime sul campo di battaglia muore dopo pochi minuti dal ferimento. In caso di forte emorragia arteriosa ad un arto i soldati applicano un laccio emostatico (Tourniquet) insieme ad altre tecniche di controllo del sanguinamento e medicazioni emostatiche impregnate con agenti chimici che assistono i fattori naturali della coagulazione. In caso di completa amputazione di un arto, il tourniquet è l’unico metodo che consente di arrestare o ridurre il sanguinamento.
In caso di ferita al torace è possibile che si sviluppi un pneumotorace iperteso, dove la pressione dell’aria che si accumula all'interno della cavità toracica schiaccia i polmoni impedendone il funzionamento. Ai militari si raccomanda di applicare una medicazione occlusiva per le ferite di entrata e d'uscita ed eventualmente intervenire effettuando una decompressione del torace utilizzando un ago cannula calibro 14, lungo 3,25 pollici per perforare la parete toracica, permettendo al polmone di espandersi correttamente; non è un trattamento definitivo del pneumotorace iperteso, ma si guadagna tempo in attesa dell’evacuazione.
In caso di ostruzione delle vie aeree i soldati eseguono manovre semplici movimenti sulla testa e il collo del ferito al fine di allineare correttamente la vie aeree e impiegano dispositivi per la gestione delle vie aeree utili ad impedire alla lingua di bloccare il passaggio d'aria.

stop the bleed

categoria: pronto soccorso

Campagna sulle manovre di controllo del sanguinamento

In Italia il Corpo Militare della Croce Rossa Italiana mette a disposizione istruttori qualificati e la sua struttura logistica per corsi gratuiti alla popolazione e alle forze armate e forze dell'ordine.








domenica 9 settembre 2018

Bushcraft e medicina: Paracetamolo e ibuprofene

Bushcraft e medicina: Paracetamolo e ibuprofene: categoria: farmacologia Paracetamolo e ibuprofene Il paracetamolo e l'ibuprofene sono due molecole molto impiegate nella terapia ...

Paracetamolo. Allarme overdose. Fatali dosi anche se di poco superiori al dovuto

Categoria: farmacologia

Paracetamolo. Allarme overdose. Fatali dosi anche se di poco superiori al dovuto


L'ingestione, ripetuta nel tempo, di una quantità del farmaco anche solo leggermente aumentate rispetto a quelle consigliate, può portare a effetti tossici fatali. (studio pubblicato sul British Journal of Clinical Pharmacology)

Le persone hanno preso “confidenza” con il farmaco paracetamolo, usato quando non sisentono bene, come analgesico o antipiretico, alla dose di 500 mg come OTC, cioè come medicinale che si può ottenere in farmacia senza l’obbligo di ricetta. La dose da 1000 mg è “stranamente” limitata alla presentazione di ricetta medica e ormai in molti si “autoprescrivono” il dosaggio superiore per guarire prima dal problema di salute in cui sono incorsi, spesso non richiedendo il consiglio del medico o del farmacista. Quando il farmacista fa presente i rischi di sovradosaggio e intossicazione per un uso prolungato molti cadono dalle nuvole e ringraziano il sanitario che li ha avvisato del pericolo, ma qualcuno si comporta in modo anche poco civile nei suoi confronti.
Con la speranza che queste persone credano più a quello che leggono sul proprio telefonino quando “frequentano un corso universitario parallelo su Google” pubblico i risultati di uno studio dell’Università di Edimburgo, pubblicato sul British Journal of Clinical Pharmacology, chedimostra come il paracetamolo potrebbe essere pericoloso per la salute se presoindosi un po’ aumentate per un lungo periodo di tempo. L’overdose da paracetamolo ottenuta in questo modo è inoltreanche particolarmente difficile da riconoscere e dunque ancor più pericolosa. I pazienti infatti non riconoscono i sintomi dell’abuso e spesso non pensano che il malessere possa derivare proprio da quello. “Il rischio cresce nel tempo, non come per chi assume una dose massiccia tutta in una volta, magari per tentare il suicidio. Ma a un certo punto può arrivare ad essere fatale”, ha spiegato Kenneth Simpson, docente dell’Università di Edimburgo che ha condotto lo studio.
Il problema infatti è che questo tipo di overdose è difficile da riconoscere, anche se si fanno analisi del sangue. I pazienti che arrivano in ospedale con questo problema possono avere livelli di paracetamolo bassi nel sangue, anche se stanno andando incontro ad una crisi epatica o cardiaca. Questo dipende appunto dal fatto che l’abuso si è prolungato nel tempo e non è stato frutto di una overdose da dose singola.
Per arrivare a questo risultato i ricercatori scozzesi hanno considerato 663 pazienti della Royal Infirmary of Edinburgh, ricoverati tra il 1992 e il 2008 per lesioni al fegato legate all’uso di paracetamolo. Tra questi 161 avevano assunto dosi poco oltre le indicazioni mediche, a causa di dolori comuni come mal di testa, mal di denti, o dolori muscolari. U
nquarto dei soggetti era invece andato in overdose per aver preso due o più dosi senza rispettare le otto ore di distanza l'una dall'altra, superando dunque il limite giornaliero. Circa 48 pazienti avevano assunto in maniera eccessiva il farmaco per una settimana. In alcuni casi i pazienti avevano assunto due dosi di grandi dimensioni nello stesso giorno, altri invece due o tre compresse in piu' al di' in 4-5 giorni. Questi pazienti si presentavano all’accettazione con problemi ai reni o al cervello, avevano più spesso bisogno di dialisi o di aiuto nella respirazione e correvano un rischio maggiore di morire, in rapporto a quelli da normale abuso.
Lo studio ha dimostrato che i pazienti che vanno in overdose da paracetamolo non assumendolo in unica soluzione, hanno circa un terzo di probabilità in più di morire per questo. Un problema ulteriore dipendeva dal fatto che queste persone arrivavano in ospedale in media più di un giorno dopo essere andate in overdose e per questo in condizioni peggiori.
Poiché come già detto l’analisi del livello di paracetamolo nel sangue può non essere un buon metodo per definire lo stato di salute di un paziente in overdose, i ricercatori pensano che sia necessario trovare al più presto un metodo per valutare quando sia possibile dimettere i pazienti, quando si possano curare farmacologicamente e quando ancora invece debbano essere messi in lista per un trapianto di fegato.

venerdì 29 giugno 2018

Uso del laccio emostatico (tourniquet) per fermare l'emorragia a livello degli arti. Studio sull'efficacia effettuato in un ospedale militare a Baghdad nel 2006

categoria: pronto soccorso, PHTLS, tourniquet

Uso del laccio emostatico (tourniquet) per fermare l'emorragia a livello degli arti. Studio sull'efficacia effettuato in un ospedale militare a Baghdad nel 2006


Lo studio sull’efficacia dell’uso dei lacci emostatici effettuato per più di 7 mesi nel 2006 in un ospedale militare a Baghdad (NCT00517166; ClinicalTrials.gov) ha coinvolto 2838 civili e militari ricoverati con ferite agli arti, 232 dei quali (8%) hanno ricevuto lacci emostatici. Lo studio ha valutato i tassi di sopravvivenza e l'esito degli arti cui era stato applicato il laccio emostatico distinguendo ulteriormente tra l'uso preospedaliero (PHTLS) e quello in ambito del dipartimento di emergenza (ED).


RISULTATI:
- dei 232 pazienti trattati con lacci emostatici 31 sono morti (13%); i tourniquet utilizzati quando lo shock non era ancora comparso sono associati ad alti tassi di sopravvivenza (90%)
- 194 pazienti hanno ricevuto lacci emostatici in ambito pre-ospedaliero e di questi 22 sono morti (11%)
- 38 pazienti hanno ricevuto i lacci emostatici in reparto di emergenza (emergency department; ED) e 9 di loro sono morti (24%)
- 4 pazienti (1,7%) hanno riportato una paralisi transitoria del nervo a livello del laccio, ma nessuno dei 232 pazienti trattati con laccio ha subito una amputazione esclusivamente per l’uso del laccio emostatico



CONCLUSIONI
I tourniquet utilizzati quando lo shock non è ancora comparso sono associati ad alti tassi di sopravvivenza (90%). Questo si intuisce anche confrontando la percentuale di morti nel gruppo di pazienti trattati precocemente in ambito preospedaliero (194 soggetti; 22 morti/11%) rispetto al gruppo arrivato all’ospedale senza essere stati trattati con laccio emostatico (38 soggetti; 9 morti/24%). I pazienti del secondo gruppo hanno ricevuto il laccio probabilmente più tardi rispetto all’altro gruppo e le loro condizioni, a causa del ritardato controllo dell’emorragia, dovevano essere state mediamente peggiori, quindi più probabile lo stato di shock.
L’osservazione su tutti i pazienti trattati con laccio emostatico ha evidenziato solo una bassa percentuale di effetti collaterali transitori (paralisi transitoria del nervo a livello del laccio; 1,7%) e nessuna amputazione all’arto trattato con il laccio emostatico è da attribuire unicamente all’applicazione di questo mezzo di controllo dell’emorragia.