venerdì 13 febbraio 2015

una nuova teoria sulla morte di McCandless, protagonista di "into the wild" e alcune nozioni sulle piante commestibili

categoria: alimenti, sopravvivenza
L’autore Krakauer ha nuova teoria sulla morte di McCandless, il protagonista di “into the Wild”.
Il composto tossico inizialmente identificato come causa di morte di McCandless, era un aminoacido dagli effetti neurotossici, presente nei semi di alcune piante selvatiche velenose; si riteneva che la fame avesse spinto a mangiare questi semi, raccolti per errore, non conoscendo egli sufficientemente bene queste piante.
Altri esami hanno permesso di determinare che il veleno era un aminoacido leggermente diverso, non presente nei semi incriminati, ma in quelli di un’altra pianta, H. alpinum, normalmente ritenuta commestibile.
McCandless quindi ha raccolto e mangiato i semi di una pianta poco conosciuta, ma ritenuta da tutti comunemente commestibile; altri testi comunque avvertivano della pericolosità di questa pianta, ma non erano stati consultati o almeno portati con sé.
McCandless, spinto dalla fame, ha rischiato e perso, mangiando avventatamente una pianta poco nota e “forse” commestibile, trascurando, nel dubbio, di fare semplici saggi di commestibilità (Test universale di edibilità), raccolte nel Field Manual 21-76, U.S. Army.
La prova universale di edibilità non è valida per i funghi e non è infallibile, infatti vi sono molte eccezioni (1), ma alle volte è l’unica cosa da fare per evitare tragiche conseguenze., poiché se si è costretti a fare queste prove, vuol dire che si è lontani da qualsiasi pronto soccorso attrezzato, non è possibile rivolgersi a un Centro Antiveleni, bisogna insomma cavarsela da soli …. o morire, come McCandless.
Usare in sicurezza le risorse alimentari presenti in natura è un processo lungo, ma anche interessante e fonte di soddisfazione personale; occorre studiare botanica a tavolino, frequentare persone che praticano la raccolta di erbette selvatiche commestibili ed officinali, frutti di bosco, funghi, noci e castagne, vedere le piante nel loro habitat, non solo in fotografia, durante i dodici mesi dell’anno, per vedere la pianta svilupparsi e produrre fiori e frutti.
Ricordarsi inoltre che una pianta può avere un frutto commestibile, ma avere una grossa tossicità concentrata nelle foglie o nelle radici. Ad esempio, la pesca ha, al suo interno, un nocciolo che racchiude un glicoside chiamato amigdalina, un glucoside cianogenico, in altre parole capace di liberare acido cianidrico quando sottoposto ad idrolisi enzimatica da parte degli enzimi della flora batterica intestinale.
L'amigdalina è contenuta in 400 specie di piante, per esempio nelle radici di manioca, nei noccioli delle pesche, delle albicocche, delle prugne, delle ciliegie, nelle foglie e nella corteccia del sambuco, nelle piante di ortensia, ecc. Pensandoci, ci si domanda come si fa a non restare intossicati dopo tutta la frutta che si è mangiata.
L’amigdalina è contenuta nella mandorla del nocciolo del frutto, il quale non è mai ingerito. L’unico “problema” insorge se il frutto è talmente maturo da schiudere il nocciolo e quindi da permettergli di fuoriuscire… In quel caso si consiglia di non mangiarlo, anche se molti esperti hanno constatato che bisognerebbe mangiarne a decine per riscontrare effetti spiacevoli”.
Come se non fosse sufficientemente complicato, le ultime due avvertenze:
- le piante cresciute in acque contaminate o infettate da parassiti, devono comunque essere disinfettate e bollite;
- le piante selvatiche edibili, ma ricche di acido ossalico, devono subire necessariamente una preventiva cottura al forno, essere arrostite o essiccate, in modo da distruggere i cristalli di ossalato.

(Test universale di edibilità, Field Manual 21-76, U.S. Army)
1. Testate solo una parte di una pianta potenzialmente edibile alla volta.
2. Separate la pianta nelle sue componenti basiche: foglie, gambi, radici, germogli e fiori.
3. Annusate per sentire odori forti o acidi. Ricordate, solamente dall’odore non si può dire se una pianta è commestibile o no.
4. State a digiuno 8 ore prima di iniziare il test.
5. Durante le 8 ore di digiuno, fate test di contatto mettendo pezzi della pianta sulla parte interna del gomito o sul polso. Solitamente 15 minuti sono sufficienti per una reazione.
6. Durante il periodo di test, non ingerire niente ad eccezione di acqua purificata e le parti di piante che state testando.
7. Selezionate una piccola porzione di una singola parte e preparatela secondo il modo in cui volete mangiarla.
8. Prima di mettere in bocca la porzione, toccatela con la parte esterna delle labbra per testare se causa  bruciore o prurito.
9. Se dopo 3 minuti non avete nessuna reazione sulle labbra, mettete la porzione sulla lingua e tenetecela per 15 minuti.
10. Se ancora non vi è nessuna reazione, masticate cautamente un pezzettino e tenetelo in bocca per 15 minuti. Non ingerite.
11. Se non provoca bruciore, prurito, torpore, pungiture o altre irritazioni durante i 15 minuti, ingoiate una piccola porzione di cibo.
12. Aspettate 8 ore. Se un solo effetto di malessere si manifesta durante questo periodo, inducete il vomito e bevete molta acqua.
13. Se nessun malessere si presenta, mangiate 1/4 di tazza della stessa parte di pianta preparata nello stesso modo. Attendete altre 8 ore. Se non succede niente, le parti di piante preparate in quel modo sono sicure da mangiare.


(1) la pianta di ortica strofinata sulla pelle causa una fastidiosissima dermatite, ma le tenere cimette, bollite perdono il potere urticante e sono usate in cucine per minestroni, frittate ecc.;

martedì 10 febbraio 2015

Le cose bruciate sono di colore nero

categoria: fuoco

La combustione di una sostanza organica dà luogo solamente alla formazione di gas e non lascia traccia.

Il colore nero si vede quando restano composti carboniosi non completamente bruciati. Nel caso di un vasto incendio, la combustione può non avere apporto di ossigeno a sufficienza perché questo viene consumato anche dalle altre fiamme vicine oppure il materiale è talmente spesso e compatto da frenare il processo. In una semplice combustione all'aperto inoltre è possibile che, a causa di una forte dispersione di calore, non tutto il materiale raggiunga la temperatura necessaria a una reazione di combustione completa.

La rotta ortodromica

categoria: orientamento, navigazione


Quando proiettiamo la superficie sferica terrestre su una mappa, la strada più breve tra due punti ci appare come una linea retta. Così, se vogliamo andare in aereo da Napoli a New York, che si trovano alla stessa latitudine, verrebbe istintivo seguire il 40° parallelo, che passa per entrambe le città. Nella realtà, invece, la strada più breve tra
 due punti di una sfera è un arco
 di cerchio che taglia i meridiani
 con angoli diversi (vedi disegno). Così, per andare in aereo 
da Napoli a New York è molto
 più conveniente seguire questa
rotta, che ci porterà prima sul
l'Irlanda e poi a Terranova, cioè molto più a Nord del 40° parallelo. Questa è la rotta ortodromica.

un 'onda gigantesca si è abbattuta sull'Europa 7000 anni fa

categoria: cataclismi


Un'onda di dimensioni gigantesche si è riversata sul Mar Nero 7500 anni fa e potrebbe essere il “diluvio universale” di cui si cercano le prove. Lo dimostra la scoperta, evidenziata da un immagine rilevata con un sonar, di una linea di costa di 174 metri più bassa di quella attuale fatta da Robert Ballard, l’esploratore che ha identificato i relitti del Titanic; anche gli scienziati William Rayan e Walter Pitrnan, che da tempo studiano il Mar Nero cercando evidenze di questa catastrofe concordano con questa ipotesi.

I due ricercatori sostengono che il Mar Nero era inizialmente un lago e l'onda gigantesca aprì un varco fra questo e il Mediterraneo, a livello del Bosforo, trasformando un grande lago in un piccolo mare. Per datare questo evento Ballard ha rilevato in strati precedenti a 7000 anni fa la presenza nel Mar Nero di fossili di molluschi tipici delle acque dolci, e in strati successivi fossili di organismi tipici delle acque salate.

Il regolamento dei “Roger’s Rangers” del Maggiore Robert Rogers, 1756

Categoria: addestramento militare




Le istruzioni scritte dal fondatore del nucleo originario dei Ranger, il Maggiore Rogers, sono altrettanto valide oggi quanto lo erano oltre 200 anni fa.
Il Maggiore Rogers ideò un’unità strutturata in nove compagnie, per combattere i francesi ed i loro alleati indiani durante la Guerra dei Sette Anni. I suoi uomini, specializzati nelle operazioni di pattuglia, hanno sperimentato per primi le moderne tecniche di ricognizione, ed hanno ispirato le unità Ranger di tutto il mondo, prime tra tutte i Ranger dell’esercito Usa e la Divisione Leggera Britannica.
Rogers ha scritto alcune regole ancora adesso valide, che vale la pena ricordare:
- non scordate nulla;
- tenete il moschetto pulito come un fischietto, l'accetta affilata, una sessantina di colpi e polvere da sparo e siate pronti a mettervi in marcia un minuto dopo l'allarme
- quando siete in marcia, comportatevi come se steste furtivamente inseguendo un cervo. Scorgete il nemico per primo;
- dite la verità su ciò che vedete e fate. Questo è un esercito che dipende da noi per quanto riguarda la correttezza dì informazione. Potete mentire quanto volete quando parlate con altra gente, ma non mentite mai a un Ranger o a un ufficiale;
 non rischiate mai se non è necessario;
- quando si è in marcia, si marcia in fila indiana, ben distanziati in modo che un unico colpo non centri due uomini;
- se vi imbattete in un terreno paludoso o soffice, sparpagliatevi a ventaglio in modo che sia difficile seguire te vostre tracce;
- quando si è in marcia, si continua fino a che non cala l'oscurità in modo da dare al nemico possibilità minime di sorpresa;
- quando ci si accampa, metà gruppo rimane sveglio, mentre l'altra metà dorme;
- se si catturano dei prigionieri, li si tiene separati finché non si ha il tempo dì interrogarli, in modo che non possano inventarsi una storia e mettersi d'accordo;
- non rientrate percorrendo lo stesso cammino. Prendete una strada diversa in modo da evitare imboscate;
- non importa se ci si sposta in gruppi piccoli o numerosi, ogni gruppo deve tenere una guida ad una ventina di metri su ogni fianco e ad una ventina di metri dietro, in modo che il grosso della truppa non venga colto di sorpresa ed annientato;
- ogni sera vi verrà comunicato in quale punto ritrovarsi se si è circondati da una forza superiore numericamente;
- non sedetevi a mangiare senza aver messo delle sentinelle;
- non dormite oltre l'alba. L'alba è il momento in cui i francesi e gli indiani attaccano;
- non attraversate un fiume nel suo punto di guado usuale;
- se qualcuno vi sta inseguendo, fate un giro, ritornando sui vostri passi e tendete voi l'imboscata per primi;
- non alzatevi in piedi quando il nemico vi corre incontro. Inginocchiatevi, rimanete stesi a terra, o nascondetevi dietro ad un albero;
- lasciate che il nemico arrivi quasi a contatto, allora sparate e balzate fuori finendolo con l'accetta.

foto di racchette da neve autocostruite con paracord e rami

categoria: racchette da neve, neve

Le racchette da neve sono indispensabili perché camminare nella neve profonda è estenuante e si sprecano molte energie preziose.  

simulazione di attacco terroristico

Categoria: attacco terroristico

Durante la trasmissione "Wild, oltrenatura" è stata trasmessa una simulazione di attacco terroristico nella metropolitana, con la partecipazione della Croce Rossa Italiana - Corpo militare.

le insidie del freddo

categoria: sopravvivenza, clima, ipotermia


lunedì 9 febbraio 2015

L’ansia e la paura durante gli interventi possono essere alleviati senza usare farmaci

categoria: medicina

Complice lo sviluppo di tecniche chirurgiche sempre più precise e minimamente invasive il ricorso all’anestesia generale si è notevolmente ridotto. Sempre più operazioni si svolgono con l'ausilio della anestesia locale. Se da un lato questo è un bene per il corpo, dall’altro aumentano stress, ansia e percezione del dolore. Come combatterli mentre si è “sotto” i ferri? Uno studio pubblicato dall’European Journal of Pain ad opera della University of Surrey (Inghilterra) ha potuto dimostrare che bastano semplici accorgimenti come guardare un Dvd, maneggiare una pallina anti-stress o semplicemente parlare con l’infermiera.
Per arrivare al curioso risultato gli scienziati inglesi hanno diviso oltre 400 persone sottoposte ad intervento di rimozione di vene varicose in 4 gruppi: un gruppo poteva vedere un Dvd a scelta; un'altro gruppo poteva parlare durante l’operazione con un’infermiera; il terzo gruppo utilizzava una pallina anti-stress e l'ultimo ascoltava la musica.Dalle analisi il gruppo che ha visionato un Dvd ha riportato un calo del 25% del livello di ansia rispetto al normale trattamento. L’interazione con il personale medico invece lo ha ridotto del 30%. Nel caso delle palline anti-stress la riduzione è stata del 18%. Il dato più strano riguarda la musica, il cui ascolto non ha sortito nessun beneficio nel ridurre l’ansia.
In condizione di sopravvivenza non sono sempre disponibili ansiolitici e antidolorifici a sufficienza, quindi ben vengano tutti i "trucchi" per alleviare il disagio nei pazienti.
Considerazioni personali: nei reparti di pediatria i medici riescono a fare dolorose manovre invasive sui piccoli pazienti distratti dai volontari dell'ABIO (Associazione per il bambino in ospedale ONLUS) che li fanno giocare durante l'intervento; la stessa cosa avviene quando il bambino può giocare con i cani addestrati per stare in ospedale (pet-therapy).

domenica 8 febbraio 2015

Film "il gladiatore" ("Gladiator") e un metodo altenativo di pulire le ferite

categoria: film, medicina, pronto soccorso

Film "il gladiatore" ("Gladiator") e un metodo altenativo di pulire le ferite


Nel film “il gladiatore” Massimo, ferito alla spalla, svenuto vicino alla tomba della moglie e del figlio, è preso da trafficanti di schiavi e portato via. Quando riprende a tratti i sensi vede le larve di mosca banchettare nella lesione sporca e lui, istintivamente, cerca di levarle, fermato però dallo schiavo numida Juba, che dice: ”No! Essi la puliranno, aspetta e vedrai”.




Il tempo passa, Massimo si risveglia ancora e guarda la sua ferita. Juba dice: “Meglio ora? Pulita! Vedi?” Juba mastica una sostanza e poggia la poltiglia sulla ferita aperta.




La terapia larvale con larve di mosca verde (Lucilia seriata)

Trovare inaspettatamente le larve di mosca in una ferita è un problema medico serio, perché queste provengono da mosche adulte che si sono appoggiate su altre superfici sicuramente sporche e quindi la ferita è da considerarsi a rischio elevato di contaminazione batterica.
La cura di ferite infette usando le larve della mosca verde inizia con le osservazioni effettuate nel 1812 dal barone Dominique Larrey, capo-chirurgo delle armate napoleoniche. Il medico riferiva che le ferite dei soldati infestate di vermi apparivano pulite: le larve ripulivano le ferite coperte di incrostazioni e pus, lasciando intatti i tessuti vivi, perché specializzate nel mangiare i tessuti morti.
Nel corso della Guerra di secessione americana, un medico sudista impiegò sistematicamente queste larve, riuscendo a salvare soldati gravemente feriti da amputazioni o addirittura da morte certa.
Negli Anni '30 del Novecento il chirurgo americano William S. Bear del Johns Hopkins Hospital di Baltimora utilizzava su vasta scala le larve nate da uova disinfettate.
L'era delle larve fu tuttavia di breve durata: la scoperta della penicillina e di altri antibiotici le sbaragliò.
Le osservazioni fatte sulle ferite dove erano presenti le larve e i primi trattamenti empirici con le larve di mosca carnaria avevano però lasciato un segno e questa tecnica è stata “riscoperta” dai medici alla continua ricerca di nuovi modi per contrastare i batteri, - soprattutto i cosiddetti stafilococchi - che resistono agli antibiotici. Adesso la tecnica è regolamentata da una linea guida internazionale, che prevede di utilizzare larve “sicure”, sterili.
In apposite ditte certificate, in scatole chiuse ronzano migliaia di mosche verdi, che depongono le uova in vasetti pieni di piccoli pezzi di carne di fegato in decomposizione. Le uova sono raccolte ogni giorno, disinfettate e avvolte in una massa farinosa, costituita da lievito, gelatina di alghe e carne essiccata, dove le larve si rimpinzano di questo mangime, fino al momento della spedizione negli ospedali che le richiedono.
Le larve sono un rimedio prezioso non solo quando sussiste il pericolo di un'amputazione, ma anche in caso di ulcere cutanee nei soggetti diabetici, per le ferite che stentano a guarire, nei disturbi circolatori o per le piaghe da decubito dei pazienti ospedalizzati.
La terapia larvale concettualmente è semplice, si utilizzano larve sterili appena nate e si mettono su una ferita con materiale necrotico, quindi le larve crescono nella cavità nutrendosi e rimuovendo materiale potenzialmente settico.
La rimozione del materiale necrotico da una ferita, il debridement, in questo caso con terapia larvale invece che tramite tecniche di chirurgia, è necessaria perché nell’area necrotica si liberano sostanze settiche (settico: portatore di germi patogeni; infetto), ottimo substrato per microrganismi patogeni.

Nel maggio 2007 l'Università di Manchester, in Inghilterra, ha pubblicato un rapporto secondo cui 12 pazienti diabetici su 13 con ulcere da stafilococco sono guariti in tre settimane dopo essere stati trattati con larve. Utilizzando i farmaci, un trattamento del genere dura solitamente sette mesi. In un altro grande studio, gli scienziati inglesi dell'Università di York hanno messo a confronto 267 pazienti affetti da ulcere varicose: alcuni sono stati curati con larve di mosca carnaria, ad altri è stato invece applicato un idrogel che viene spesso impiegato per le ferite più problematiche. I risultati della ricerca hanno dimostrato che le larve non hanno portato a una guarigione più efficace, ma hanno certamente contribuito a una pulizia molto più rapida della ferita.