giovedì 30 novembre 2017

L'avvelenamento da istamina dopo un pasto a base di tonno

categoria: pronto soccorso, conservazione e lavorazione del pesce

L'avvelenamento da istamina dopo un pasto a base di tonno

Un articolo di giornale dava notizia di alcune persone ricoverate in ospedale, vittime di avvelenamento da istamina provocato dal tonno. Il tonno era stato regolarmente cotto e quindi la causa era da ricercare a monte, nella temperatura di conservazione e lavorazione del pesce.

Il tonno, consumato a tonnellate ovunque nel mondo, non viene sempre conservato come legge e buon senso prevedono, cioè a zero gradi centigradi o non è lavorato alle temperature adeguate, cioè prossime alla refrigerazione. Gli avvelenamenti da istamina provocati dal pesce sono quindi frequenti ma molti, la maggior parte, non arrivano all'attenzione del pubblico.


Quello da istamina da consumo di pesce è una reazione difficile da diagnosticare: non esiste infatti un test in grado di identificarlo immediatamente e con certezza. I sintomi, che si avvertono da pochi minuti a poche ore dall'ingestione dell'alimento incriminato, vanno dal vomito e dalla diarrea alla sensazione di bruciore intorno alla bocca, dal mal di testa fino alla palpitazione cardiaca.
Non di rado il medico è tratto in inganno e confonde questo avvelenamento con una forte allergia o una malattia cardiaca provocando in questo caso un eccesso di procedure e di interventi medici, spesso invasivi, quando basterebbero dosi adeguate di antistaminici per scongiurare qualsiasi complicazione.
L'istamina in questo caso non è prodotta dall'organismo, come quando si è vittima di un'allergia ma è introdotta con il cibo in forti quantità; si parla cioè di una tossina batterica, sintetizzata dai microrganismi fecali che contaminano il pesce. Questi batteri, quando gli animali uccisi sono conservati a temperature superiori a quella di congelamento, si moltipllcano rapidamente e producono un enzima che prontamente si dissolve nei tessuti del pesce, responsabile della produzione della tossina. Una buona cottura uccide i batteri e distrugge l'enzima, ma non ha alcun effetto sull'istamina, che finisce quindi nel piatto dello sfortunato commensale.
Il tonno, può non essere l'unico colpevole, anche altre specie marine - tutte molto comuni sulle nostre tavole, come le sardine, il pesce azzurro, per esempio - sono potenziali avvelenatori, ma sono meno vulnerabili alle fluttuazioni di temperatura di quanto non lo sia il tonno, e, di conseguenza, sono meno pericolose.


Una curiosità: il tonno utilizzato per la preparazione del sushi presenta normalmente un rischio di contaminazione più basso di quello destinato ad altre pietanze per diverse ragioni: proviene da un taglio migliore dell'animale, il filetto, meno suscettibile all'attacco dei batteri ed è inoltre comunemente conservato alle giuste temperature.


Nessun commento:

Posta un commento