domenica 2 marzo 2014

Libri che trattano il tema della sopravvivenza:“117 giorni alla deriva” Maurice e Maralyn Bailey

categoria: libri






Il diario della tremenda storia occorsa ai due autori, marito e moglie, naufragati presso le Galàpagos in seguito alla collisione con un capodoglio. La straordinaria esperienza, durata ben 117 giorni e che avrebbe potuto tramutarsi in tragedia, ci è stata riportata sulle pagine del loro diario.

“….. Dato che gli ami, uno dopo l'altro, erano stati aperti o portati via da pesci grossi dovevamo cercare un altro modo per pescare. Quando sventravamo i pesci versavamo le interiora e gli altri pezzi di scarto in un secchio per non sporcare il fondo del canotto. Il secchio era poi vuotato fuori bordo e sciacquato varie volte. I pesci balestra si accalcavano uno sull'altro per prendere questi scarti e spesse volte Maurice ne catturava uno nel bugliolo.
Questo mi diede un'idea. Presi il recipiente da quattro litri del kerosene. Era di plastica blu, misurava 20 per 20 per 17 centimetri, ed aveva un manico sulla parte superiore, mentre il bocchettone era al di là di una delle estremità. Dissi a Maurice di tagliare un buco quadrato nella parte opposta al bocchettone. Tolsi il tappo dal bocchettone e immisi una lenza innescata nel contenitore. Prendendolo per il manico lo calai fuori bordo fino a quando l'apertura fu sotto il livello del mare.
In un primo tempo i pesci lo guardarono con sospetto, arrivando fino all'entrata e poi virando. Ma erano voraci per natura e sembravano volersi superare l'un l'altro. Presto due o tre pesci si accalcarono sull'apertura guardando da lontano l'esca. Improvvisamente uno di loro sgusciò nel contenitore e arraffò l'esca e la trascinò un po' più verso l'apertura prima di scappar via. Resistetti alla tentazione di prenderlo e spiegai a Maurice che dovevamo prima addestrarli bene.
Maurice si stupiva per la mia pazienza. Io li pasturavo con un boccone dopo l'altro fino a quando una massa di pesci girò lì attorno e di buon grado giocarono con la mia trappola. Alla fine decisi di prenderne alcuni ed era abbastanza facile aspettare che il pesce giusto nuotasse dentro, tirare fuori dall'acqua la trappola e depositare la preda ai piedi di Maurice. I pesci non sembravano notare che alcuni di loro scomparivano, anzi continuavano a impegnarsi con rinnovato vigore.
Maurice rimase incantato dall'efficienza della trappola quando catturai per la prima colazione venti pesci circa usando poca esca e senza il pericolo di perdere il nostro amo. Sfortunatamente questo metodo di pescare attirava solo il pesce balestra; gli artocarpi e i pesci argentati erano più timidi e sprovveduti.
Potevamo usare la trappola solo con mare calmo. Il vento forte ci avrebbe fatto andare alla deriva troppo in fretta per permettere al pesce di nuotare dentro il buco, e il mare mosso gli avrebbe fatto calcolare male le distanze. Spesso nuotavano all'altezza della trappola e quando avevano preso abbastanza coraggio guizzavano avanti, ma a causa del movimento del mare sbagliavano il buco completamente.
Essi allora giravano e strofinavano il muso contro la parte posteriore della trappola ovviamente sconcertati di dove fosse andata a finire l'esca.

Un altro modo per risparmiare il nostro unico amo era di tenere un lungo pezzo di carne fuori bordo ed aspettare che il pesce ingordo conficcasse i suoi piccoli ma terribili denti in esso e lanciarlo rapidamente nel canotto. Generalmente occorreva un secco strappo per liberarlo, oppure un colpo sulla testa.
Ne buttai nel canotto uno che cadde nel recipiente dei fegati che Maurice stava preparando per la nostra cena. Esso mangiò due fegati prima che riuscissimo a recuperarlo. La loro voracità non conosceva limiti.

Una volta scarnii completamente una tartaruga e con un po' di difficoltà staccai l'osso della spalla dal guscio. Impulsivamente lo immersi in acqua fuori bordo. I pesci lo attaccarono immediatamente. Io sollevai l'osso fuori dall'acqua e lo tenni sospeso sopra il canotto, con non meno di quattro pesci appesi; entusiasta gridai a Maurice di guardare e lo immersi di nuovo. Questa volta presi cinque pesci. Ciò era fantastico; nove pesci con due immersioni, e senza esche! Con un notevole sforzo di volontà non ne presi più, ma tirai fuori il secondo osso dalla spalla e lo tenni pronto per pescare la mattina seguente."

"La parte successiva del lavoro da macellaio fu di togliere il lato inferiore del guscio. Dopo avere inciso profondamente il perimetro, Maurice vi penetrò con il temperino e alla fine riuscimmo a fare leva staccando il piastrone dal carapace e lasciando esposta la ricca, bianca carne.

Io scalcai quattro larghe bistecche da ogni scapola e gettammo il resto della carcassa fuori bordo, felici di liberarci di quel sanguinolento disastro e sollevati all'idea che tutto era finito.
Centinaia di pesci arraffarono la carne ed il sangue rimasti e iniziarono a divorare tutto con una terribile rapidità.
« Dobbiamo pescare. — disse Maralyn, eccitata dalla vista di tanti pesci — E io penso di conoscere il modo per farlo ».
Si arrampicò sulla zattera e dopo avere rovistato in giro per un po' ritornò sul canotto stringendo le pinze e parecchie spille di sicurezza di metallo inossidabile. Senza dire una parola tagliò via la parte del gancio di una spilla e ne piegò la punta come un amo. Poi passò uno spago sottile nell'occhio della molla e vi fece una gassa semplice.

« Ecco » disse trionfalmente.
Una volta di più Maralyn aveva dimostrato il suo genio nell'improvvisare. Le domandai:
«Dove hai trovato quelle spille?».
Incominciò a fabbricare un altro amo e senza alzare lo sguardo rispose:
«Nella cassetta del pronto soccorso. Ricordavo di averle viste quando tirai fuori tutto ».
«Pensi che funzioneranno?» chiesi, pentendomi subito della domanda inutile.
« Lo vedremo subito» replicò Maralyn e cominciò a innescare l'amo con un pezzetto di carne della tartaruga. Buttò la lenza in acqua e la carne fu afferrata immediatamente da molti pesci che la strapparono dall'amo. La polpa era cosi tenera che non teneva. Maralyn ci riprovò ma senza maggior successo.
«La carne non è abbastanza consistente, — disse con voce esasperata — cerchiamo dei pezzi più duri».
La nostra ricerca tra i pezzi di carne non ce ne rivelò di fibrosi, ma io notai che molti pezzi erano contornati da una membrana.
« Prova questa » dissi, dando a Maralyn un pezzo di carne tagliata assieme alla membrana.
Maralyn innescò con cura ancora una volta, assicurandosi che la membrana fosse saldamente infilata. Questa volta, benché i pesci si buttassero sulla carne, essa tenne all'amo e in breve tempo Maralyn recuperò a bordo la lenza con attaccato un bellissimo pesce argenteo."

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