martedì 21 ottobre 2014

Salice e chinino, piante ad azione antipiretica

categoria: medicina, pronto soccorso

Il salice, la pianta da cui si estrae l'acido salicilico, era usato fin dall'antichità per le sue qualità curative.
Documenti egizi del 1500 a. C., parlano delle virtù antidolorifiche della corteccia e delle foglie della pianta e lo stesso fanno Ippocrate e dallo storico Erodoto, suo contemporaneo (V-IV secolo a. C.). Altre popolazioni, quali gli Ottentotti dell'Africa Sudoccidentale e i nativi americani, ne conoscevano le proprietà.
Dalla scoperta dell'America sino al XIX secolo il più diffuso antipiretico fu il chinino, estratto dalle bacche della china, di origine sudamericana. Tuttavia, il blocco continentale imposto da Napoleone nel 1806 fece a poco a poco riscoprire il salice come pianta officinale. Si narra però che il primo a rivalutarlo, e ad analizzarne le proprietà curative, fu il sacerdote inglese Edward Stone, che intorno al 1760 assaggiò per caso un pezzo di corteccia di salice e stabilì un'analogia tra l'amaro di questa pianta e quello del chinino.

Le scoperte più rilevanti sarebbero però arrivate nel XIX secolo, prima con l'estrazione dell'acido salicilico da parte di Raffaele Piria (1838), poi con quella dell'acido acetilsalicilico (in forma impura)
 da parte del francese Charles Frédéric Gerhardt (1853),
 per arrivare alla formulazione
 dell'Aspirina, il cui inventore
 ufficiale è Felix Hoffmann,
 chimico della Bayer (recenti rivelazioni danno però come vero ideatore lo scienziato 
ebreo tedesco Arthur Eichengrun).

Nota bushcraft: i rami giovani (i cosiddetti viminali) della pianta servono a realizzare cesti e in agricoltura possono servire per fare la legatura di piante.

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